Seminario interdiocesano Giovani-Adulti Cussanio, 23 novembre 2003
Presentazione
In questo seminario autunnale torneremo ad affrontare il tema della liturgia, ma in una prospettiva un po’ diversa. Il discorso in cui inquadrare la giornata è quello della ricerca di “forme” di visibilità nella Chiesa, da adulti, su cui abbiamo già lavorato parecchio lo scorso anno. Una prima tappa l’abbiamo segnata al Seminario estivo di Vicoforte 2003: in quell’occasione ci siamo interrogati sulla questione con don Duilio Albarello (la ricerca di “vie ecclesiali”) e Madre Ancilla (le “vie spirituali”). Il risultato è stato interessante, ma va proseguito. Vogliamo perciò continuare la riflessione, riprendendo il discorso sulla liturgia che, nella storia di tutti noi, ha avuto una centralità tutta speciale, per cercare di capire se la “forma liturgica” (o “forma eucaristica”?) ci può aiutare nella nostra ricerca. Il Seminario sarà dunque centrato su queste domande: come possiamo pensare una “forma liturgica” della Chiesa e servirla? Quali elementi, strutture e dinamiche della liturgia possono diventare modi, luoghi e stili di Chiesa e come? Ad aiutarci nella riflessione avremo con noi un relatore d’eccezione, il prof. Andrea Grillo, docente di Teologia liturgica e sacramentaria al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma e all’Istituto di Liturgia Pastorale di Padova, uno dei massimi esperti italiani sull’argomento.
Programma dettagliato
ore 9,15 Ritrovo a Cussanio ore 9,30 Recita delle lodi, presiedute da don Pierangelo Chiaramello ore 10 Breve introduzione, a cura di Stella Morra ore 10,15 Relazione del prof. Andrea Grillo ore 11,30 Riflessione a gruppi o individuale; segue dibattito assembleare ore 13 Pranzo al “Giardino dei tigli” ore 14,45 Prosegue la riflessione in assemblea, con il prof. Grillo ore 16 Sintesi finale e indicazione di nuove piste ore 16.30 Conclusione
Costo Il costo della giornata è di 20 €, comprensivi di iscrizione e pranzo (primo, secondo, dolce e caffè) al ristorante “Il Giardino dei tigli” di Cussanio (il pranzo da solo costa 15 € a testa); i bambini sotto i 12 anni non pagano. Chi lo desidera può fare richiesta del servizio di baby-sitting.
Dentro e oltre il conflitto: ripercorrendo le Lectio
Alla ricerca di percorsi spirituali ed ecclesiali per vivere con forza e pace
Casa di spiritualità “Regina Montis Regalis” Vicoforte Mondovì 5-6 luglio 2003
Presentazione
Ci sembra che questo tema del conflitto, oltre che rilevante per la riflessione personale, sia centrale anche per cercare di ricavare scelte concrete e ipotesi sul futuro dell’Associazione, e non solo per essa. Quindi vorremmo avere un’occasione di riflessione un po’ più ampia del solito, con l’intervento di alcuni esperti che in questo ci aiutino.
Programma
Sabato 5 luglio 2003
15,15 preghiera iniziale: recita di Ora Nona
15,30 introduzione di Stella Morra: riassunto delle puntate precedenti (Seminario, alcuni nodi delle Lectio…)
16,30 lavoro a gruppetti su ciò che più ci ha colpito delle Lectio, questioni aperte, ecc.
17,30 break
18,00 “Dentro e oltre il conflitto: alla ricerca di percorsi ecclesiali”, relazione di don Duilio Albarello, docente di Teologia Fondamentale presso lo Studio teologico Interdiocesano e l’Istituto di Scienze Religiose di Fossano; segue dibattito
19,30 cena
21,00 serata libera o film
Domenica 6 luglio 2003
08,30 colazione
9,30 recita dell’Ora terza presso Monastero delle Clarisse (a 15 minuti a piedi dalla casa che ci ospita)
10,00 “Dentro e oltre il conflitto: alla ricerca di percorsi spirituali”, con suor Maria Ancilla, monaca di clausura presso il Monastero delle Clarisse a Vicoforte Mondovì. Dibattito.
11,30 prosecuzione dei lavori in assemblea
12,30 pranzo
15,00 elaborazione di una sintesi, in assemblea e valutazioni sul futuro dell’Associazione
multivisione di Roberto Tibaldi Studio fotografico IMMAGINARE – Bra
testi a cura diStella Morra scelte musicali diMaria Penna
musiche: Sir Malcom Arnold “Dances” Charles Gounod “Faust”
leggono i testi: Marco Manzini e Manuela Celestino
coordinamento tecnico: Romina Testa
Direzione artistica: Elisabetta Baro
Presentazione
Vi proponiamo, questa sera, di compiere con noi un viaggio. L’occasione saranno le sculture di Auguste Rodin, artista vissuto nella seconda metà dell’ottocento e nei primi anni del novecento. Come per ogni viaggio, però, bisogna ricordare che saranno davvero solo un’occasione, un pre-testo. Non ci interessa “spiegare” Rodin, non sarà una lezione di storia dell’arte. Piuttosto vogliamo guardare dentro noi stessi e trovare parole e immagini per dire qualcosa che non sappiamo di saper dire e che, siamo convinti, ci accomuna e ci consente di riconoscerci.
Rodin è stato una figura assai controversa, un miscuglio complesso di grande talento, genialità, pessimo carattere, irrequietezza, relazioni umane dense e confuse, ricche e instabili. In questo è figura e immagine del nostro tempo e di noi: ci piacerebbe essere una cosa sola, capire una volta per tutte della realtà e delle persone se sono bianche o nere, buone o cattive. Invece, siamo molte cose insieme, il mondo e gli altri sono una cosa e l’altra, vicini e lontani, affascinanti e irritanti, buoni e malvagi…
E allora? L’unica conclusione possibile è un passivo e distaccato cinismo? L’unica strada è ritirarsi nella salvaguardia di sé?
Noi scommettiamo di no e vorremmo mostrarvi perché.
Rodin e il suo tempo
Sono gli anni della crisi dell’uno, della crisi dell’idea di totalità e di ordine; è la nascita dei molti, dei diversi, dei soggetti che hanno interessi divergenti. La fine di un tempo organizzato, socialmente e mentalmente, come una gerarchia e l’inizio di un tempo che sempre più diventa una galassia, fatta di universi non collegati che hanno ognuno il proprio centro e la propria forza di gravità.
Nostalgia di una forma, o dell’innocenza
L’Età del bronzo: figura a lungo rimodellata, come spesso ha fatto Rodin, e che ha cambiato titolo tante volte (Uomo che si risveglia alla natura, Uomo primitivo, Il vincitore…). Alla fine questa figura ideale e reale insieme, di una perfezione e bellezza che non sembrano finte, ma vive, desiderabili, reali, trova pace nel nome di una mitica età della classicità e della nascita delle umane capacità di forgiare il metallo e con esso la natura, il destino, la storia. E’ un movimento quieto, una solidità mobile, un insieme dei contrari.
E accanto, il Pensatore: una forza raccolta, una energia tutta interiore. Comincia a svanire la perfezione del corpo a favore di una complessità e interezza di sguardo: è l’insieme che ci colpisce, la sua posizione, il senso di densità di pensiero ed energia e insieme la quiete, la pace, la sospensione.
Che nostalgia, che desiderio… essere capaci di essere così, quietamente pieni e raccolti, stare presso di sé in una densità di pensiero, alzarsi al giorno e alla vita reggendo i contrari della nostra esistenza in una armonia di forme perfette… ritrovare una proprio unità, una capacità di dire “io” e di dirlo con innocenza e verità.
Avere una forma, una e una sola, che ci consenta di essere visti e raggiunti dagli altri come siamo e dove siamo, senza oscillazioni, senza instabilità…
Io sono sempre stata come sono Anche quando non ero come sono E non saprà nessuno come sono Perché non sono solo come sono.
[Patrizia Valduga, Quartine seconda centuria, Einaudi]
Io ho creduto in te, sicuro di poter credere nella vita del Mondo (io che sempre ragazzo, non posso, nella mia solitaria gioia, gioire di ciò che non è in me) fuori di me, fermo rapito, davanti ai tuoi campi e borghi che ancora non conosco, e dei tuoi uomini mescolati al sole, tenero nel capirti, duro nell’amarti, in chiarori e nebbie che sempre mi nascondevano il tuo vero, beato, lontano esistere. Schiavo dei primi giorni, delle prime sere del mio destino di ragazzo senza né Cristo né Mondo, ti amavo e diventavo cattivo.
[Pier Paolo Pasolini, La nuova gioventù, Einaudi]
Realtà di una storia, o del dramma
Ma la storia, la nostra personale, gli anni e i giorni che passano, ma anche quella comune, la grande storia, ci raggiunge e ci colpisce nel nostro innocente desiderio di unità e quiete. Lasciamoci condurre ancora da Rodin…
I Borghesi di Calais: il gruppo bronzeo, composto da sei personaggi leggermente sovradimensionati, commemora uno degli atti più eroici della storia di Francia: la consegna delle chiavi della città a Edoardo III, il 3 agosto 1347, perché levasse l’assedio che, da undici mesi, affamava gli abitanti di Calais. Edoardo III esige che “sei fra i maggiori notabili della città, a piedi nudi, la corda al collo, le chiavi della città e del castello” consegnino con le loro stesse mani; aggiunge: “E farò di essi la mia volontà”.
E Rodin ci mostra una sconfitta, figura di tutte le sconfitte possibili, che ha tutte le sue facce.
Come ci dice Rainer Maria Rilke:
“Creò il vecchio dalle braccia pendule, infiacchite nelle articolazioni, attribuendogli il passo pesante e strascicato, il passo abituale dei vecchi, e un’espressione di fatica che scivola sul viso fin nella barba.
Creò l’uomo che reca la chiave. In lui c’è ancora vita per molti anni, e tutto ciò è compresso nella sua ultima ora. Fatica a sopportarlo. Le labbra sono serrate, le mani mordono la chiave. Ha messo a fuoco la sua forza, che ora si consuma in lui, nella sua ostinazione.
Creò l’uomo che si tiene il capo fra le mani come in un gesto di raccoglimento, come per essere solo ancora un istante.
Creò i due fratelli, uno dei quali guarda ancora indietro, mentre l’altro abbassa la testa in atteggiamento di risolutezza e sottomissione, come se già si offrisse al carnefice.
E creò il gesto vago di quest’uomo che “attraversa soltanto la vita”. “Il passante”, lo ha definito Gustave Geffroy. Già se ne va, ma si volge ancora indietro, non verso la città, non verso quelli che piangono, né verso quelli che lo accompagnano. Si volge indietro, verso se stesso. Il braccio destro si alza, si piega, vacilla…”.
Le sconfitte sono per noi segnate dai molti volti che ci abitano, dalle nostre anime che consegnano le proprie chiavi ad altri, ci sentiamo espropriati e prigionieri, con tutte le nostre reazioni possibili (sentirci vecchi, o consumati nella forza, o raccolti, o volgendoci indietro…); siamo comunque chiamati a porre il nostro centro altrove, a consegnarci.
E’ forse questa la radice profonda di ciò che viviamo come una sconfitta?
Ma ci sono altri attentati alla nostra unità innocente e armonica: sono quelli che vengono da dentro di noi, come ben ci mostra questo ritratto di Victor Hugo: sono i fantasmi che produciamo nella nostra mente, nel nostro capire e sentire le cose, il mondo e gli altri. E’ forse il nostro sentire che trasforma in mostri ciò che esiste? La radice profonda del male è dunque solo dentro di noi?
Rodin ancora ci conduce ad un passo in più: guardiamo questa opera che ha attraversato tanti anni della produzione dell’artista e che si chiama “La porta dell’inferno” con un richiamo a Dante. E’ un’opera che era stata pensata per un luogo preciso, rielaborata per vent’anni, utilizzando anche come particolari opere precedenti, composta da ben 186 figure, e mai finita, e che mai ha trovato collocazione nel luogo per cui era stata pensata.
L’origine del male è una porta, un passaggio? Le sconfitte fuori di noi e i fantasmi dentro di noi si incontrano in un luogo di passaggio, una soglia, una porta affollata di personaggi. Abitiamo questa soglia, lì giochiamo la nostra vita, tra ciò che ci accade e ciò che sentiamo essere la più profonda verità di noi. E’ come se il nostro tempo dovesse essere speso nel regolare il transito, l’ingresso e l’uscita da questa porta. In questo “regolare” nascono il bene e il male, nella combinazione del nostro sguardo interno che guarda fuori di noi e del fuori di noi che vuole diventare noi…
E allora noi vili che amavamo la sera bisbigliante, le case, i sentieri sul fiume le luci rosse e sporche di quei luoghi, il dolore addolcito e taciuto – noi strappammo le mani dalla viva catena e tacemmo, ma il cuore ci sussultò di sangue, e non fu più dolcezza, non fu più abbandonarsi al sentiero sul fiume –, non più servi, sapemmo di essere soli e vivi.
[Cesare Pavese, La terra e la morte Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, Einaudi]
Feriti, arsi, dilaniati da queste Tue forme irraggiungibili; una ad una cadute le speranze sotto l’arco di queste stagioni inesorabili, lungo le dolcissime riviere; mentre è sentita consumarsi la carne nell’attesa di inattuali paci.
La pena è d’aver creduto, udito un messaggio necessario, che promette e non muta nulla di questa arrischiata avventura; speranza che ti lascia in balìa di una scelta cieca, di una vocazione inevitabile.
[David Maria Turoldo, O sensi miei]
Intermezzo: il volto di donna dell’età adulta
Ci serve un dato nuovo, una nuova traccia per poter proseguire il nostro viaggio: altrimenti, schiacciati dalla complessità, non avremmo altra via di uscita che la rassegnazione o il cinismo. In Rodin, sono le figure di donne che lo conducono altrove, che gli fanno ritrovare una forza creatrice e una potenza vitale, un segreto e misterioso luogo di nascita e di coraggio. Nella sua vita personale il rapporto con le donne è stato sempre complesso, passionale, inquieto, forse alla ricerca di carpire questa segreta origine della vita. Una figura certamente dominante è stata Camille Claudel, sorella del più famoso Paul, e proprio una scultura di quest’ultima ci aiuta, anche questa realizzata in più versioni, sotto vari titoli e con varie spiegazioni…
Noi la consideriamo come “L’età matura”: ci sono una donna giovane, un uomo vecchio e una figura oscura, è un vortice di vento, un movimento; è una separazione, un distacco. C’è uno strappo, c’è qualcosa che se ne va e l’impossibilità di trattenerlo. Forse è la morte che sta trascinando con sé il vecchio Rodin, portandolo via alla giovane Camille.
Ma è, ai nostri occhi, la vita che resta se lasciamo andare ciò che ci chiede di separarci, è il segno di ciò che bisogna fare di fronte alle fatiche dell’età adulta: lasciare andare la nostalgia di perfezione e armonia facili e artificiali e avere il coraggio di abitare la vita com’è, avere il coraggio di averne cura, di nutrirla con un ventre di donna.
L’età adulta è la capacità di lasciare andare, di separarsi, di distaccarsi, anche da sé, di fare un passo indietro guardando i propri desideri e le proprie sconfitte, i propri fantasmi da lontano, per non farsene travolgere, per poterli chiamare per nome.
E poi, come una donna, nutrire ciò che deve vivere, lasciare andare ciò che è un inutile peso…
Anima, perduta anima, cara, io non so come chiederti perdono, perché la mente è muta e tanto chiara e vede tanto chiaro cosa sono, che non sa più parole, anima cara, la mente che non merita perdono, e sto muta sull’orlo della vita per darla a te, per mantenerti in vita.
[Patrizia Valduga, Requiem, Einaudi]
Devota come ramo curvato da molte nevi allegra come falò per colline d’oblio, su acutissime làmine in bianca maglia d’ortiche, ti insegnerò mia anima, questo passo d’addio…
[Cristina Campo, La tigre assenza]
Solo le mani
Come si fa a fare questo, a nutrire e curare quella vita che c’è, gli affetti, le persone, le cose, come sono, nella loro semplice complessità?
Ancora facciamoci guidare dalle sculture di Rodin.
A due titoli che promettono grandi cose, “Il segreto” e “La cattedrale”, corrispondono le due sculture che vedete, mani. E mani congiunte. Rimane un frammento, una parte della grande e armoniosa figura originale. Rimane la coscienza della propria parzialità.
Ma non a caso sono mani: le mani fanno, raccolgono, toccano, sciolgono, carezzano…
Non rimangono teste, non i pensieri soli, ma l’agire responsabile e congiunto.
E’ questa la via? Fare i conti con ciò che si può, non con tutto il possibile, ma il reale, il nostro, ciò che ci compete e ci spetta?
Scriveva Dietrich Bonhoeffer:
“Abbiamo vissuto e pensato troppo nella convinzione che sia possibile garantire in precedenza ogni azione vagliando le possibilità, in modo tale che essa poi si compia completamente da sola. Abbiamo imparato un po’ troppo tardi che l’origine dell’azione non è il pensiero, ma la disponibilità alla responsabilità”.
Fare dunque delle nostre mani, e della loro capacità di fare, di obbedire alla nostra disciplina interiore, il luogo del segreto che dà vita, il luogo della preghiera, la costruzione di una cattedrale per le nostre e le altrui vite?
C’è una scultura che ci apre ad un orizzonte del tutto nuovo: si chiama “La mano di Dio”. Dalla massa informe della pietra, dal caos delle origini, esce una mano che è origine e culla di un uomo e una donna, che fa nascere e protegge, che crea e custodisce, sostiene.
E’ bello che circa la scultura di Rodin si discuta se questa mano di Dio sia da intendersi come la mano dell’artista, e si dice che Rodin l’abbia eseguita avendo la propria mano come modello.
E’ bello perché non c’è separazione tra la grande mano creatrice di Dio e la nostra capacità di crescere nell’immagine che di Lui siamo e diventare responsabili delle nostre mani.
Le mani
Mi sorprendono invece queste mani Protese in favolosi spazi: costellazione di ori e sangue. Brilla la croce uguale a una spada e la terra è tutta una ferita, una montagna di marmo è l’altare e la chiesa vuota, immensa. Io ho gridato l’augurio al popolo ma risposta nessuna è venuta a sostegno del mio ardimento assurdo: l’eco dei passi e la voce infranta sotto gli archi muti… Ora, dunque, la parola alle mani che tracciano gesti indicibili.
[David Maria Turoldo, O sensi miei]
Opere riprodotte (nella multivisione) con l’autorizzazione del Musée Rodin – Parigi:
1) L’età del bronzo – Âge d’airain S. 986 Auguste RODIN, bronzo, 181 x 66,5 x 63 cm, Musée Rodin, Paris fotogr. Adam Rzepka / Eric et Petra Hesmerg.
2) I borghesi di Calais – Le Monument de Bourgeois de Calais S. 450 Auguste RODIN, bronzo, 231 x 245 x 103 cm, Musée Rodin, Paris – fotogr. Adam Rzepka – detail, fotogr. Jérôme Manoukian – Jacques de Wiessant, Jean de Calan – Jean de Fiennes, Jean de Calan – Pierre de Wiessant, Jean de Calan.
3) La porta dell’inferno – La Porte de l’enfer S. 1304 Auguste RODIN, bronzo, 635 x 400 x 85 cm, Musée Rodin, Paris fotogr. Jean de Calan.
4) L’età matura – L’Âge mûr S. 1380 Camille CLAUDEL/ADAGP, bronzo, 121 x 180 x 73 cm, Musée Rodin, Paris fotor. Adam Rzepka.
5) La cattedrale – La Cathédrale S. 1001 Auguste RODIN, pietra, 64 x 29,5 x 31,8 cm, Musée Rodin, Paris fotogr. Eric et Petra Hesmerg.
6) La mano di Dio – La Main de Dieu S. 988 Auguste RODIN, marmo, 95,5 x 75 x 56 cm, Musée Rodin, Paris fotogr. Eric et Petra Hesmerg.
Sala “Brut e bon” presso Foro Boario a Fossano (14, 21 e 27 marzo 2003) Cinema “I Portici” in via Roma a Fossano (16 aprile 2003)
Organizzazione: Comune di Fossano, L’Atrio dei Gentili, Azione Cattolica, Todomondo, Monviso Solidale, Caritas, Editrice Esperienze, Pastorale sociale, Comunità “Papa Giovanni XXIII”, Commissione Pari Opportunità, Effetto Notte.
Presentazione degli incontri
(Articolo apparso sul settimanale fossanese “La Fedeltà” del 5 marzo 2003) Tornano a Fossano gli “incontri di primavera” promossi da Atrio dei Gentili, Azione Cattolica, Comune di Fossano, Editrice Esperienze, Monviso Solidale, Caritas, Pastorale sociale, Todomondo, Commissione Pari Opportunità, Comunità “Papa Giovanni XXIII” ed Effetto Notte. Il tema di quest’anno è imperniato su “Tragedie urlate, tragedie dimenticate: le parole per dirle” (stragi del sabato sera, suicidi, morti violente, malattie implacabili… Dalla spettacolarizzazione esasperata al mutismo enigmatico). La morte ed i distacchi non sono mai facili da affrontare. Oggi assistiamo però da una parte alla sovraesposizione mediatica di alcune tragedie che coinvolgono famiglie, adolescenti, coppie, bambini. I mass-media spesso amplificano questi eventi penosi e sconcertanti, introducendosi in modo spiccio dentro delicatissime situazioni. Tutto rischia di essere trattato di corsa, senza approfondimenti, a rimorchio dell’audience. E le emozioni forti che ne derivano sono lasciate a briglia sciolta, senza elaborazioni adeguate.
Dall’altra parte però quando ci si ritrova toccati direttamente da questi eventi tragici (le morti del sabato sera, le malattie di giovani, i suicidi…), si finisce col non aver più parole, col restare muti, anzi ammutoliti, spiazzati, soli.
Su questo duplice binario, arduo e controverso, quest’anno si articolerà una riflessione a più voci.
Venerdì 14 marzo (ore 20,30), nella sala “Brut e Bon”, a Fossano “Come si reagisce alla morte che straccia bruscamente un legame forte?”: interverrà Gianna Schelotto, scrittrice e psicoterapeuta. Bisognerà pur tentare di scavare dentro l’animo di chi è tormentato da una morte lacerante. Anche per ripescare risorse psicologiche ed umane, in grado di far elaborare il dramma. Rompendo il cerchio chiuso dello sconforto immane e apparentemente senza sbocco… In questa occasione interverranno anche alcuni studenti dell’Itis di Fossano con domande ed interrogativi.
Venerdì 21 marzo (ore 20,30), sempre in sala “Brut e Bon” a Fossano si ci misurare su “Raccontare il dolore degli altri, tra diritto di cronaca e rispetto dei drammi”. Porteranno la loro esperienza Gian Mario Ricciardi, giornalista del Tg3 Piemonte, e Maria Castronovo, scrittrice ed insegnante. Il confronto vuol essere con chi deve comunicare, per scelta e per professione. Cosa dire, come dire, fin dove andare, quando ci si deve fermare? Insomma sono interpellati i media che non sempre riescono a registrare un modo “altro” di vivere il dolore circondandolo di silenzio eloquente. Invece conoscono forse solo la ribalta in cui tutto deve essere messo allo scoperto…
Giovedì 27 marzo (ore 20,30) ancora in sala “Brut e Bon” a Fossano: “Oltre il buio, come non disperare, anzi come ricominciare a sperare ed a vivere”, con la presenza di don Gino Rigoldi, cappellano al carcere minorile “Beccaria” di Milano, e di Andreana Bassanetti, presidente dell’associazione “I nostri figli in cielo”. Ci sono anche persone che nel dolore grandissimo sono passate, restandone segnate senza scampo, ma venendone fuori con una speranza insperata. Così come ci sono persone che possono (e debbono) risalire la china di baratri assurdi in cui si sono precipitate. Insomma si può tornare a rivedere la luce, diversa.
Infine mercoledì 16 aprile (ore 20,30), presso il cinema “I Portici” a Fossano sarà proiettato il film “Il figlio” dei fratelli Dardenne, con commento di Gianluca Favetto, critico cinematografico de “La Repubblica”.
Articolo pubblicato sul settimanale fossanese “La Fedeltà”
Fossano. Hanno avuto inizio mercoledì scorso nella sede del Cai di Fossano le serate cinema dal tema “Proiettare il conflitto: macerie fuori e dentro di noi”. Organizzato da “L’Atrio dei Gentili” in collaborazione con “Effetto Notte” e con il patrocinio del Comune, il breve corso è tenuto dal critico cinematografico Pier Mario Mignone (nella foto) e si occupa quest’anno di un tema quanto mai attuale: i conflitti. La prima serata ha puntato l’attenzione nella prima parte sulla “legge della guerra”, con una visione guidata di alcuni brani tratti dai film “La sottile linea rossa” (Terrence Malick), “Salvate il soldato Ryan” (Steven Spielberg) e “No man’s land” (Denis Tanovic). Il commento critico ha messo in evidenza le diverse concezioni della guerra di ciascuno dei registi, da quella filosofica di Malick che vede nella guerra soltanto l’espressione di un male che tutto distrugge e che pone da sempre le stesse drammatiche domande, a quella di Spielberg, in cui le atrocità sono comunque giustificate dal fine “buono” e dalla intrinseca malvagità del “nemico”, alla visione di Tanovic, un vero e proprio apologo sulla follia assoluta di tutte le guerre.
La seconda parte ha affrontato il tema della “guerra delle leggi”, attraverso la scelta di alcuni brani dai films “The insiders” di Michael Mann e “I cento passi” di Marco Tullio Giordana. Da queste pellicole emerge a tinte forti e nei diversi stili dei rispettivi autori la lotta tra gli imperi economici che operano ai confini della legalità o addirittura fuori di essa (le multinazionali del tabacco nel primo caso, la mafia nel secondo) e singoli individui che vi si oppongono pagando a caro prezzo la loro scelta e il loro coraggio. La scelta degli spezzoni e la grande competenza di Mignone hanno permesso al pubblico che ha riempito la sala di compiere un percorso di riflessione articolato ed approfondito, pur nella ristrettezza dei tempi a disposizione.
La seconda serata cinema si svolgerà stasera, mercoledì 27 novembre, alle 20,30, sempre nella sede del Cai, in via Falletti 28.
Maria Paola Longo
Commento alla seconda serata
Articolo pubblicato sul settimanale fossanese “La Fedeltà”
Fossano. Si è svolta mercoledì scorso la seconda delle tre serate cinema organizzate dall’Atrio dei Gentili e da Effetto Notte nella sede del Cai. Il critico Pier Mario Mignone (nella foto), con la competenza che gli è propria e che va ben oltre il campo cinematografico, ha declinato il tema del conflitto nella sua versione generazionale. Oggetto di approfondimento sono stati quattro film: “Come te nessuno mai”, di Gabriele Muccino, “Rosetta”, dei fratelli Dardenne, “L’odio”, di Mathieu Kassovitz, e “Una scelta d’amore” di Terry George. Ciascuno di questi lungometraggi si occupa di ragazzi o giovani e del loro rapporto conflittuale con la realtà.
Il primo ritrae i ragazzi della borghesia romana ed i loro rapporti problematici con i genitori ex sessantottini: un conflitto che pare poggiato sul nulla, caduti i valori, i sogni, le ideologie; un conflitto che si sbriciola, illusoriamente, con la soluzione dei problemi d’affetto e di sesso.
“Rosetta” è la storia – ambientata alla periferia di Anversa – di una ragazza costretta a vivere in una roulotte con la madre alcolizzata. Il lavoro rappresenta l’unica possibilità di riscatto e di occupare il proprio “posto” nella società, e per questo Rosetta è disposta a tutto, anche a tradire. Il film non mostra una conclusione, non ci illude con un hollywoodiano lieto fine, ma la dignità ed il rispetto che la ragazza ha di sé aprono un varco nel buio totale di una storia che sembra senza speranza.
La terza pellicola, ambientato nella periferia di una grande città francese, narra di tre giovani, un ebreo, un magrebino e un nero, che vivacchiano tra esperienze di ordinaria violenza, piccoli furti, spaccio; sono i miti dei media l’unico sogno possibile, dentro una violenza che si avvita su se stessa e che genera solo altra violenza. Anche qui il finale – niente affatto consolatorio – ci lascia in sospeso, non si sa “come va a finire”.
“Una scelta d’amore” è la storia di Bobby Sands (nordirlandese che si è lasciato morire di fame in carcere nel maggio 1981 per sostenere la lotta del suo popolo per l’indipendenza da Londra) ma anche della madre, che, come altre ventuno, si trova di fronte al dilemma se lasciare morire il proprio figlio in seguito allo sciopero della fame o intervenire contro la sua volontà salvandogli così la vita. Qui le scelte politiche ed ideali sono la forza che fa di questo giovane un martire di una guerra che ancora oggi non vede la fine.
Il breve ciclo si chiude mercoledì 4 dicembre, con una serata sui conflitti a sfondo religioso.
Uscire dalla nostalgia dell’infanzia e pensare e vivere il rapporto tra sé e ciò che sé non è.
Cussanio, 17 novembre 2002
Presentazione
Ci pare di essere sulla soglia di una nuova grande fase del nostro percorso. La questione con cui ci vogliamo confrontare è quella del “come”, come fare, come essere, come usare le parole e le azioni. Se siamo soggetti e lo siamo nella complessità presa sul serio, allora il problema è: come si vive? E come si vive da credenti (nel senso semplice del participio presente del verbo credere..)?
Programma
Sabato 16 novembre: h. 19.30 ritrovo in piazza Castello a Fossano presso il bar “I 4 gatti” h. 20.30 proiezione di un film nel salone di via Vescovado a Fossano
Domenica 17 novembre: h. 9.15 ritrovo a Cussanio (frazione di Fossano) h. 9.30 lodi e inizio dei lavori h. 10 interventi sul tema e discussione h. 13 pranzo al ristorante “Giardino dei tigli” h. 14.30 lettura di testi e riflessione h. 15.30 riflessione teologica di Stella Morra h. 16.30 Messa in Santuario.
Introduzione al seminarioIntervento di Elisabetta BaroIntervento di Gino GrossoIntervento di Maria Paola LongoIntervento di Mino TariccoDiscussioneRiflessioni Stella Morra su un testo di E.Salmann
(Pierangelo Sequeri, autore del testo commentato nel seminario)
Vicoforte, 22-23 giugno 2002
Rendere ragione della speranza che è in noi: testimonianza e vita credente
La questione che ci vorremmo porre, dopo aver a lungo ragionato sulla esperienza della fede in sé e per noi/per la vita adulta, in questi anni passati, è:
c’e un modo di pensare la produttività delle fede, ciò che c’è da fare, che non sia né semplicemente un elenco di “si deve, si dovrebbe” né semplicemente un rimando all’invisbilità alla coscienza dei singoli?
La questione della “testimonianza della fede” perciò, cercando di uscire dai luoghi comuni e tentando di far funzionare la logica non moralistica, né razionalistica della fede, fede come paradigma amoroso…
I nodi e le urgenze, complicazioni e le possibilità di una stagione multiculturale e multireligiosa.
Organizzazione: Città di Fossano, Consorzio Monviso Solidale, Agesci, Caritas Diocesana, Editrice Esperienze, L’Atrio dei Gentili, Todomondo bottega del commercio equo e solidale, Associazione somala “Stella”, Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, Associazione “Papa Giovanni XXIII”, Coordinamento immigrazione cuneese (CIC).
Programma delle serate
Eventi collaterali
Le librerie di Fossano allestiranno, ogni sera, nelle sale degli incontri, un banco di libri con opere selezionate sul tema del dibattito.
(Michel De Certau, autore del testo commentato nel seminario)
Parole, azioni, eventi nel cristianesimo
Vicoforte, 17 marzo 2002
Ci sono tanti punti di partenza….
PER NOI: crisi dell’idea che ci sia una verità che corrisponde ad una espressione che la dice. L’informazione dovrebbe dire fuori un segreto che sta dentro….
1. Il caso della informazione religiosa
2. La questione delle scienze
3. Caso speciale del cristianesimo
Permesso
Interdetto
Autorità
Determinazione/prassi
Lectio: ancora Giovanni 20 e 21
Materiali
Schema del seminario e postseminario “Sulla questione della verità cattolica” (PDF)