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Alcune riflessioni sulla figura di Maria

Gruppo del venerdì
Gennaio 2005

Sul tema di Maria c’è da fare un chiarimento previo che è a quale livello noi consideriamo questo problema, per non mettere tutto insieme in un insieme di domande che diventano così irrisolvibili. Ci sono almeno tre livelli diversi:

  •  livello storico, con un certo tipo di problema,
  •  livello storico-teologico, che è un altro tipo di problema,
  •  livello sistematico.

A livello storico: che cosa sappiamo di questa donna, chi era, quali notizie certe abbiamo, ecc.

Che cosa sappiamo, storicamente, di Maria? Le fonti evangeliche ed extracristiane sono concordi sul fatto che accanto a Gesù c’era una madre, una figura ricordata; quando si cita questo rabbi si ricorda che era seguito da donne, tra cui sua madre. Questo anche perché era un fatto strano che un rabbi ebraico fosse seguito da un gruppo di donne: cosa annotata come ulteriore stranezza anche da fonti non cristiane.

Che questa donna si chiamasse Maria è attestato dai Vangeli, tuttavia il nome Maria, Miriam, Marian, ecc, aveva una frequenza ampia a quei tempi, era un nome comune che si rifaceva alla sorella di Aronne e Mosè.

Sappiamo storicamente che una forma di culto, venerazione, rispetto alla figura della madre di Gesù è molto antica nella comunità cristiana. L’attestazione dell’Ave Maria (saluto dell’Angelo più la seconda parte, non esattamente quella di oggi) è inciso in una pietra, stipite di una casa che si suppone fosse la casa di Maria (incisione datata tra il 42 e 45 d.C.)

Si tratterebbe della casa dove Maria, Gesù e Giuseppe hanno vissuto al ritorno dall’Egitto. La tradizione di una presenza della madre di Gesù all’interno della comunità cristiana, come ci viene tramandata dagli Atti, è comunque molto forte, molto attestata: non dice se c’era o non c’era, ma dice che la comunità cristiana, fin dall’inizio, ha pensato che aveva un ruolo.

Dal punto di vista storico-teologico c’è un dibattito molto forte sul nodo centrale, iniziale, che è quello risolto al Concilio di Efeso, sul fatto se si debba dire “Madre di Gesù” e basta, o se si debba dire “Madre di Dio”. Sul fatto che fosse la madre di Gesù non ha mai discusso nessuno, ma se si potesse dire Madre di Dio era un problema.

Il Concilio di Efeso stabilisce il termine Theotokos, e lo mette come uno dei capisaldi, non solo teologici, ma anche liturgici, cioè dice che la festa della Madre di Dio ha lo stesso grado, cioè la stessa importanza della festa di Pasqua e della memoria della nascita del Signore. Cioè mette questa idea (che si debba chiamare Madre di Dio) allo stesso piano liturgico delle memorie del Signore. Se consideriamo che siamo nel terzo secolo comprendiamo l’importanza dell’affermazione, l’importanza della collocazione sul piano liturgico, cosa un po’ diversa per noi oggi che non sappiamo più bene la prevalenza di una festa sull’altra. Per noi la liturgia ha cambiato ruolo, mentre invece nei primi secoli la liturgia è il luogo dove si capisce e si spiega la logica del cristianesimo. Quindi il mettere sullo stesso piano la Pasqua con la festa della Madre di Dio significa che quest’ultima ha un valore fondamentale.

In seguito c’è una specie di oblio sul dibattito; di fatto ci sono pochissime eresie mariane. C’è invece una penetrazione radicale nella prassi liturgica, fino all’ottocento, quando dilaga la devozione popolare rispetto alla figura di Maria. Ci sono atteggiamenti, interpretazioni, aggiunte, ecc. nella  liturgia, nella prassi e nella devozione, che di volta in volta hanno sostanzialmente i colori delle culture in cui si manifestano e si radicano. Ad esempio nell’iconografia mediterranea, nella quale c’è un forte peso della maternità, è molto presente la Madonna incinta o la Madonna che allatta, mentre nel nord Europa ci sono figure di Maria e Gesù, spesso un Gesù adulto.

Un dato interessante è il fatto che tutte le volte che il cristianesimo ha una esagerazione di tipo razionalista la prassi e la devozione si allargano sulla mariologia, sulla devozione mariana.

Terzo livello, che è per noi quello più significativo. Il livello di una riflessione, di un senso, di un luogo nell’interezza del cristianesimo. La chiesa ha sentito il bisogno di stabilire quattro verità fondamentali su Maria: Madre di Dio; Vergine, prima, durante e dopo il parto; Immacolata Concezione; Assunzione: due prima del terzo secolo e due dopo il 1870.

Rappresentano la struttura fondamentale colla quale il cristianesimo parla di sé. C’è un asse orizzontale (vedi schema 1), che va dalla creazione alla parusìa ed è l’asse storico; la storia della salvezza, che ha origine in Dio e termina in Dio. Dire che al centro del cristianesimo c’è l’asse della storia è un’affermazione che comporta molte conseguenze: a noi pare normale perché siamo in una cultura cristiana. Ma questo è inaccettabile, per esempio, per tutte le religioni orientali, che concepiscono il divenire come un’apparenza e credono in un ciclo delle reincarnazioni dal quale bisogna tentare di uscire, uscire dall’apparenza e entrare nell’Uno.

L’asse della storia che divide la realtà tra eterno e storia, tra divenire e permanere, ecc. è pieno di conseguenze perché decide con quale sguardo tu guardi Dio, le cose, il mondo, te stesso.

Dire questo significa anche affermare quella che tecnicamente si chiama la differenza ontologica. Cioè dire che c’è un asse che divide l’eterno dalla storia, significa dire che c’è una frattura, una distanza tra Creatore e creatura, tra Dio e uomo, che è una distanza per natura insuperabile. La seconda verità fondamentale del cristianesimo è che c’è un asse verticale, che supera questa incommensurabilità di natura, la supera per Grazia e il punto d’incontro dei due assi è l’Incarnazione di Cristo. In Gesù, vero Dio, vero uomo, si supera questa impossibilità ontologica. Quindi l’esito di un cristiano ben riuscito è diventare figli nel Figlio, essere introdotti nella Trinità. Il movimento del Figlio è l’Incarnazione, il movimento del Padre è quello di avere messo in vita il mondo e di reggerlo, perché abbia la sua autonomia, c’è poi il percorso tra l’uomo che dice credo e aspetta la parusìa (la mia scelta di stare in questa cosa e il tempo che passa). Lo Spirito Santo, nello schema, è rappresentato come un vettore di forza.

Il volto del Padre crea e regge il mondo, il Figlio è il volto di Dio che supera la frattura, lo Spirito Santo la forza che crea una possibilità tra il dire io credo e che cosa succede da lì in poi, nel tempo che rimane tra adesso e la parusìa.

In questa struttura c’è un grosso problema: da sola, è una struttura di tipo gnostico, la struttura di un sapere iniziatico ed esclusivo che, in quanto sapere, salva (autoconsapevolezza che ha un potere di salvazione, è un po’ l’alter ego del cristianesimo).

Nei primi secoli il cristianesimo ha la preoccupazione costante di distinguersi dalla gnosi, di riuscire a spiegare perché nel cristianesimo la questione sostanzialmente: a) non è la conoscenza, b) non è iniziatica, c) non è un’autosalvazione, ma è una salvezza ricevuta.

Il problema della gnosi è molto forte fino al terzo secolo, poi svanisce  per ritornare poi in epoca moderna. E questi due sono, guarda caso, i periodi mariologici, i periodi in cui cominiciano le questioni mariologiche.

La riflessione su Maria è costruita sullo stesso schema (vedi schema 2).

Abbiamo due dati originari, che sono Madre di Dio e Vergine. Per i primi tre secoli la Chiesa pensa le questioni legate a Cristo. Il gruppetto dei Dodici e degli altri che si raccolgono attorno a loro fanno l’esperienza della risurrezione di Cristo: un’esperienza irraccontabile. Immediatamente la prima chiesa, prima con la stesura dei Vangeli, dei testi, poi con la formulazione di modelli sempre più articolati, usando la cultura greca e un po’ tutto ciò che si trova sotto mano, cerca le parole e il modo per dire questa esperienza e trasmetterla ad altri, mantenendo l’esperienza stessa, non raccontando un’altra cosa. Tutto il problema dei primi secoli, che sarebbero pieni di eresie, pone in realtà la questione che si va cercando una ortodossia, il modo giusto di spiegare l’esperienza. Nei successivi venti secoli l’elaborazione è sempre più di modelli, di un linguaggio concettualmente articolato, perché la distanza dall’esperienza aumenta e bisogna perciò, in qualche modo, renderla sempre viva.

Per i primi tre secoli per i cristiani il grosso problema è Gesù: l’esperienza che hanno fatto. Gesù, la sua risurrezione, i suoi miracoli, gli insegnamenti, ecc. Dunque si occupano sostanzialmente dell’asse verticale. Si fanno perciò i concili cristologici.

L’asse verticale nasce sulla Madre di Gesù. La prima discussione è sulla Madre di Dio e al Nicenocostantinopolitano sorge la grande discussione sulla necessità di mettere nel Credo, nacque da Maria Vergine. La chiesa comprende il ragionamento, anche se forse non è stato fatto, che dalla parte di Dio, Maria è vergine, cioè il corpo di questa Donna, funziona in un altro modo, funziona in modo assurdo, che non ha senso. Per un Vero Dio-Vero uomo ci vuole una madre vergine: due contraddizioni. Dalla parte umana la stessa logica è: Madre di Dio (Vergine madre, figlia del tuo Figlio).

Quando nell’ottocento si ripropone, in qualche modo, il problema della gnosi, con un tema nuovo che è quello della storicità (che gli antichi non avevano), si riprende questa logica. E dunque, quanto alla creazione, Maria viene detta Immacolata, quanto alla parusìa viene detta Assunta in anima e corpo. L’operazione globale che si fa è un asse cartesiano per quanto riguarda Cristo e un asse cartesiano parallelo per quanto riguarda Maria, sua Madre.

E’ l’interlocutore umano, l’interlocutore totalmente creatura. Se Dio agisce così, qual è la nostra realtà? Che cosa dobbiamo fare noi? Secondo l’insegnamento cristiano noi dobbiamo riprodurre lo stesso schema paradossale, quanto a noi, non nelle idee, ma nel corpo e nel tempo. Non è un problema di gnosi, ma sono un corpo che funziona in un altro modo e un tempo che funziona in un altro modo. Questo doppio schema ha nettamente, nell’insegnamento cristiano, una funzione antignostica. La riflessione su Maria ha una funzione contro una deviazione del racconto su Gesù. Non è per dire qualcosa di Maria: è per fare da contrappeso a un rischio nel raccontare la vicenda di Gesù. Per mettere la struttura umana, il posto della creatura: che cosa dobbiamo fare noi. Per questo il Concilio Vaticano II dice che: “Maria è icona del credente e della Chiesa”. E’ la figura di come funzionano i credenti, di come funziona la Chiesa.

E’ la nostra parte in tutta questa vicenda, nettamente in funzione non gnostica. Da questo punto di vista, mentre il primo sistema di assi cartesiani che è quello che regge, sostanziale, serve ad accertare la storicità dell’incarnazione del Figlio, la funzione antignostica che viene attribuita a Maria, teoricamente, poteva anche essere attribuita a Pietro, o a Giovanni, a una qualsiasi delle figure evangeliche, non necessariamente figura storica. Di fatto però si riferisce ad una figura storica, per di più la figura di una donna (vedi il caso della samaritana). Quanto alla mariologia. quello che la Chiesa ci chiede di credere è per equilibrare, in funzione non gnostica, la comprensione del cristianesimo. Per credere di noi. Per capire qual è la nostra parte in tutto questo.

Dibattito

* Tu ti sei spiegata più che bene, ma tutto questo non mi riscalda il cuore.

* Scopro che nell’icona di Maria si sia voluta rappresentare la realizzazione dell’incontro uomo-Dio, ma i due dogmi che mi fanno più difficoltà sono l’Immacolata e l’Assunta.

* Capisco la prima obiezione. Per questo ho fatto quella distinzione iniziale. Il livello sistematico non deve scaldare il cuore: deve spiegare dove stanno le cose. Da lì in poi comincia la  lunga strada di ciascuno di noi, per entrare dentro a queste cose, sapendo il posto che hanno e trovare anche i pezzi che scaldano il cuore. Personalmente in questo periodo sto riflettendo molto, anche per ragioni di lavoro con i miei studenti, la questione della verginità di Maria, espressa in chiave così minuziosa e usata in senso sessuofobico, nei modi peggiori. Questo argomento, studiandolo, mi sta diventando molto caro, perché  mano a mano sto scoprendo come ci sia una visione dell’essere persone e di come noi non “abbiamo” un corpo, ma “siamo” un corpo; c’è una capacità di rapportare il nostro essere, il nostro fare, il nostro corpo e di metterlo al suo posto in tutti questi argomenti che trovo di una grande bellezza.

E’ chiaro però che ci vuole la pazienza di stare dietro ad un argomento che si è sedimentato nel quarto secolo, di smontarlo molto, di andare a capire… io non l’ho fatto ancora abbastanza per spiegarlo in un modo semplice in un quarto d’ora. Per riuscire a spiegarlo in un modo semplice mi ci vorranno altri due anni.

Trovo geniale che la verginità di Maria smonti tutte le nostre chiacchiere post-moderne sul  di Maria: non ci sono dogmi al riguardo, non ci sono dogmi sulla scelta, argomento costante delle nostre ossessioni. C’è invece un’affermazione di fede sul suo corpo, su quello che succede a lei e che le succede come un atto di generazione, con tutto ciò che può significare un atto di generazione che trasforma il corpo di una donna e le dà una comprensione di sé diversa. Quello che però è decisivo è che questa opera che accade nel corpo di Maria è un’opera paradossale e incomprensibile che sta dalla parte del Vero Dio-Vero uomo. E dunque, per esempio, quello che ci è chiesto è un impossibile necessario, non della mente, ma del corpo e della vita; e noi sappiamo benissimo che quando ci mettiamo a pensare su alcune cose veramente dure non ne veniamo a capo. Nella vita poi, senza venirne a capo, ci passiamo però dentro. Come quando si ha tanta paura che ci accada una cosa brutta, e se ci accade, la viviamo e ne veniamo fuori, forse un po’ acciaccati ma tutto questo non ha a che fare con il panico della previsione.

Noi diciamo Maria Vergine per dire che il cristianesimo è l’impossibile necessario, non della mente, ma della vita, del corpo, del cuore, delle cose che accadono, le quali sono sempre meno spaventose delle cose che si pensano.

L’altro tema è: la figura di Maria è servita, è vero, per tanti secoli, e in parte serve ancora oggi, a scaldare il cuore. Proprio perché in funzione antignostica, la figura di Maria, non si è mai potuto renderla possesso degli specialisti, ma appartiene alla gente: non è un sapere colto. I corsi di mariologia infatti fanno pena, perché c’è poco da dire. Ma la vita della gente è molto più piena di mariologia che di trinitaria. Ci sarà un motivo per cui lo Spirito Santo ha tolto ai sapienti e ha riservato ai poveri tutto questo? Dato che è abituato a fare scherzetti!

Riguardo alle apparizioni, la Chiesa riconosce ufficialmente solo le apparizioni di Lourdes e di Fatima ed è propensa ad accettare come veritiere le apparizioni di La Salette e di Guadalupe. Proprio perché questo è un sapere popolare segue molto l’istinto, la situazione culturale, la paura, la capacità di espressione di una situazione popolare. E regolarmente le apparizioni si moltiplicano in tutti i tempi in cui c’è una incapacità di governo della Chiesa. Questo è un modo molto comprensibile di farsi coraggio quando ci si sente abbandonati. Questa religione è una religione umana: sa che esistono la paura, la solitudine, il senso d’impotenza e dunque in questo contesto pur avendo la percezione di fare quasi un gesto magico accendendo una candela, so che questa non è verità di fede, è un gesto umano.

Rispetto alle apparizioni la Chiesa fa il discorso che, ad es. a Lourdes l’apparizione c’è stata ed è stata come una forma della Provvidenza Divina, come uno dei tanti modi in cui Dio si prende cura della storia. Un’apparizione può dire solo due cose: o le stesse cose che ha già detto Gesù oppure dice cose diverse, e allora non serve. L’insegnamento della Chiesa rispetto a Lourdes è che sia diventato un luogo, una casa, un punto di riferimento per tutti coloro che soffrono e dove la sofferenza trova il suo spazio nella preghiera, nell’invocazione; un luogo dove avere il coraggio del desiderio della propria guarigione. Un luogo dove tutto questo prende la forma della testimonianza di fede, non solo nei miracoli, ma della fede della gente che ci va.