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Figure del cristianesimo occidentale

Gruppo del venerdì
Gennaio 2003

3.1 Simbolica dell’Uno e figura dell’uomo

Raramente si cerca di vedere il cristianesimo nel suo insieme, che sarebbe, di per sé, l’unico modo con cui un adulto può dare un giudizio (che non sia solo emotivo) della propria relazione al dato “cristianesimo”. Infatti, se voglio dire come mi pongo rispetto al cristianesimo in occidente non posso fare una valutazione corretta se non mi pongo di fronte alla comprensione della figura globale del cristianesimo in occidente.

Questo è il problema per cui in Italia siamo tutti incapaci di laicità reale, oltre che di cattolicesimo reale: ci muoviamo cioè con giudizi critici, ma mai distanti dal fatto, perché non riusciamo ad avere una visione globale.

TESTO

“Quando si cerca di vedere il cristianesimo occidentale nel suo insieme, dalla sua origine con l’impero carolingio fino ai nostri giorni, si può dire che ha continuato a svilupparsi in una prospettiva dominata globalmente dalla simbolica dell’Uno;”

Noi diciamo di credere nel Dio Uno e Trino, in realtà il cristianesimo occidentale si è molto più preoccupato di credere in Dio Uno che non in Dio Uno e Trino, mentre la forma delle sinodalità delle chiese acefale d’oriente si è molto più sviluppata intorno al Dio Trino, piuttosto che non al Dio Uno.

Il problema è che l’occidente è stato culturalmente, e dunque poi religiosamente, ossessionato dal tema dell’uno, dell’unità; ha sempre considerato l’Uno come la perfezione. Anche noi, nel nostro cammino personale, abbiamo una nostra idea della unificazione, cioè viviamo ogni forma di pluralità con grande fatica.

TESTO

..ma essa si è espressa in modo originale; infatti la riflessione si è sviluppata lungo i secoli centrandosi sul problema dell’uomo in se stesso; tale interesse ha provocato la distinzione, fra le mediazioni del destino dell’uomo, di due campi, paralleli e insieme in costante correlazione: il campo istituzionale (mediazione politica e/o sacerdotale) e il campo intellettuale (mediazione del pensiero e del simbolo).

Il passaggio è piuttosto complicato. Lafont dice che l’apporto originale del cristianesimo rispetto all’ossessione occidentale per l’Uno è quello di aver spostato la riflessione, rispetto al mondo greco, dal campo delle idee a quello dell’uomo. Ha cercato, cioè, di pensare l’unità come problema dell’uomo e non come problema del puro intelletto, non come problema astratto, ma come problema reale. Ma se rispetto all’uomo concreto si ha il problema dell’uno immediatamente si pongono due questioni: come io mi relaziono agli altri (e, di conseguenza, il problema dell’autorità) e come io mi pongo a me stesso (dato che dovrei essere uno, ma non lo sono).

Su questo nascono le teologie, le ideologie politiche, i pensieri filosofici, ecc.

Il cristianesimo pone subito in evidenza questi due temi della mediazione: istituzionale,

 e politica e/o sacerdotale, cioè la questione dell’autorità, e quella del campo intellettuale, cioè la mediazione del pensiero simbolico; e questo perché il rapporto si pone tra l’uno, desiderato e le pluralità sperimentate.

TESTO

Nomino volutamente l’istituzionale prima dell’intellettuale, perché è proprio quello che, originato dalla volontà dei primi carolingi, ha dato forma a un mondo occidentale, mentre i dati più intellettuali si sono iscritti entro la cornice istituzionale tracciata.

I carolingi avevano una ammirazione spropositata, rispetto alle loro cognizioni, per la cultura. Quando hanno preso mano alla questione della forma del cristianesimo hanno pensato che il problema era quello dell’organizzazione. Hanno perciò organizzato una cornice istituzionale riprendendo il mito dell’impero romano, con la relativa strutturazione territoriale all’interno della quale si svilupperà il pensiero intellettuale. Dunque la riflessione teologica del cristianesimo nasce dentro una situazione istituzionale data.

TESTO

I due campi si sono sviluppati l’uno e l’altro in modo contrastato, secondo la logica di opposizione che attraversa la ricerca dell’Uno.

Tutte le volte che si cerca l’Uno si ragiona a pendolo: siccome siamo in una realtà di pluralità, se cerco l’uno posso solo esagerare da una parte, e poi fino alla parte opposta, sperando di avvicinarmi.

TESTO

3.2 Strutture istituzionali e antistrutture

 “A livello istituzionale ci si trova di fronte a delle “strutture di cristianesimo” nelle quali il religioso e il politico sono strettamente legati; ad esse si oppongono delle “antistrutture”che vorrebbero separarli totalmente

Le strutture del cristianesimo hanno come caratteristica propria l’Incarnazione di Cristo e quindi in modo più o meno spurio, continuamente il religioso ha un volto politico e il politico ha un volto religioso. Così l’esagerazione da un lato tende a identificarli e dall’altro, per reazione, a separarli radicalmente.

TESTO

La prima figura strutturale sarebbe quella dell’impero carolingio (Carlomagno, m. 814), sostituita prima dalla cristianità gregoriana (Gregorio VII, m. 1085), poi, man mano che la cristianità esplode sotto la pressione delle nazionalità, dalla chiesa cattolica, con il suo accento universale e una centralizzazione sempre più pronunciata; a riguardo si può riconoscere un’ispirazione affine nelle strutture di unità che tentano di affermarsi a partire dall’incoronazione di Carlomagno fino alla proclamazione solenne del primato di giurisdizione del papa nel concilio Vaticano I: è emblematico che il luogo sia lo stesso, San Pietro a Roma, e che nei due casi si tratti della funzione personale, unificatrice della struttura: l’imperatore per il mondo cristiano, il papa e il suo primato per la chiesa.

La prima figura è quella dell’impero carolingio che oscilla con la struttura della cristianità gregoriana: il papa monaco che tenta di dare il primato spirituale rispetto a un troppo pesante primato politico da parte dell’imperatore. Ma se si toglie la figura unificatrice dal politico e la si sposta sul papa, scoppiano le nazionalità, l’impero si frammenta e i singoli stati si fanno interlocutori del papa; si arriva così alla figura della chiesa cattolica come potere sovranazionale e spirituale.

TESTO

Lo strumento intellettuale di tali strutture è il diritto, dai primi monumenti del diritto carolingio fino al Codice di diritto canonico del 1917; ma il diritto poggia qui su un argomento di filosofia politica di impronta neoplatonica (Costantino, Giuliano l’Apostata) che, ripensato e organizzato sul piano del diritto cristiano,, costituisce un’interpretazione teorica e pratica del primato di Pietro e dell’esistenza di un sacerdozio cristiano.

Oggi si pensa che il grande problema sia quello di pensare alla riforma del ministero e del papato. Questi mille anni di cristianesimo sono tutti fondati sul diritto, proprio perché i carolingi non erano dei teorici, ma avevano una mentalità concrete e organizzativa.

TESTO

Dal 313/1074 ai nostri giorni, questa figura è stata costantemente rafforzata, e a partire dal concilio Vaticano II ci si interroga sulla sua possibile modifica.

A questa strutture unificate fanno riscontro delle “antistrutture”che si contrappongono con diversa efficacia, ottenendo risultati differenziati. D’altra parte, è lo stesso funzionamento delle strutture istituzionali che lascia a desiderare, suscitando nel corso del medioevo e dell’età moderna, delle reazioni in direzione di una riforma della chiesa, la quale necessita di un rinnovamento continuo.

Le antistrutture nascono per un doppio motivo. Posso contrappormi all’idea in sé, oppure contrappormi al modo in cui l’idea è applicata, perché la considero un abuso. Ad es.: se uno dice: voglio essere democratico, l’altro, per contrapposizione, dice: voglio essere fascista, perciò ti lotto contro; oppure, sempre per contrapposizione, dice: tu dici di essere democratico, ma in realtà non lo sei, perché non ti comporti democraticamente.

Queste due risposte sono due forme di contrapposizione, di segno diverso. Le antistrutture ereticali, tipo Lutero, sono del secondo tipo, cioè sono d’accordo sul fine, ma dicono che il fine è male realizzato (bisogna trovare una più pura forma di annunciare il Vangelo, ecc.); combattono ciò che loro ritengono un abuso, ma concordano sul fine. L’ateismo invece (e questo è uno dei traumi della Chiesa rispetto alla modernità) non discute sull’uso o sull’abuso, ma non concorda sul fine. Questo è uno dei traumi perché la Chiesa, fino alla modernità (‘700) ha avuto antistrutture solo circa gli abusi e dunque ha governato senza che fosse discusso l’orizzonte generale. Dal ‘700 in poi la Chiesa ha trovato antistrutture del primo tipo.

Noi oggi, anche qui, abbiamo fatto il giro a 180 gradi. Da coloro che condividevano il fine e criticavano l’abuso, a coloro che discutevano il fine, noi siamo a chi cancella il fine e elogia l’uso. Che è il massimo del disorientamento per il mondo cristiano.

TESTO

O emerge l’istanza di un decentramento e si tenta di dar vita a forme ecclesiali che tengano conto delle particolarità che possiamo dire nazionali, si tratti di stati o di chiese; oppure, con eventuali riferimenti millenaristi o escatologici,, si accentua con radicalismo la tensione sempre necessaria verso un “al di là” assoluto che caratterizza anche la mentalità dell’Uno: Umiliati, Poveri di Cristo, Spirituali, Ussiti, Riformati, Giansenisti; tale radicalismo si esprime sotto forma di esaltazione della gerarchia di santità, in opposizione alla gerarchia sacerdotale e di un rinvio alla Scrittura, piuttosto che ai sacramenti. Paradossalmente tali tentativi radicali potranno capovolgersi completamente e sfociare, col tempo, in una o più società interamente secolarizzate.

Noi siamo nel punto in cui l’oscillazione ha perso la sua forza e si è fermata. Abbiamo consumato tutte le riforme possibili. C’è un senso di crescente irrilevanza che si cerca, in tutti i modi, di contrastare e siamo ormai al narcisismo per il quale le chiese sono un sistema autoreferenziale. Per spezzare questa situazione, per la legge del pendolo, occorrerebbe una spinta da fuori, una forza esterna: un “segno dei tempi”.

C’è un dato estremamente evangelico: “il giorno verrà come un ladro”. Come è accaduto altre volte nella storia del Cristianesimo si ha la sensazione che questa forza esterna verrà come un “ladro”. (Possiamo immaginarla: un nuovo concilio?)

La secolarizzazione che ci ha messo in mano il desiderio di una fede più nuda, non incrostata da cose che non c’entrano, ci ha lasciato con il problema di quale “vestitino” le metteremo. E’ stato buono l’aver buttato via (con il Vaticano II) una serie di cose, o ci ha confuso di più? Secondo me il dato buono è quello di aver spostato la discussione da una somma di fatti personali, e per di più letti in termini moralistici, a un dato di problema di cristianità sul quale nessuno, in questo momento, ha la soluzione certa. Bisogna rimboccarsi le maniche e, per i prossimi 200 anni, la questione sarà: che “vestitino” mettiamo alla fede nuda, tenendo ben presente di: a) non ripetere gli errori del passato, non usare una copertura di incrostazione; b) fare tesoro della riflessione sull’Incarnazione; c) sapere che è un “vestitino” temporaneo, cioè non mitizzarne la forma, sapendo che le forme servono ai tempi. In questo momento manca il governo di questa cosa. Ognuno, secondo la propria sensibilità, coltiva il suo orticello personale Bisogna avere il coraggio di non mettersi in questa situazione, ma di trovare un sistema per richiedere, in quanto laici, un governo delle chiese.