Segnalazione da Stella Morra.
Leggo molto, per lavoro e per piacere; ci sono libri che mi piacciono e altri meno, libri che ritengo importanti, libri che dimentico. Ma ogni tanto, solo ogni tanto!, leggo un libro e, io che di mestiere scrivo, alla fine penso: “Ma perché non l’ho scritto io? Questo è il libro che avrei voluto scrivere…”.
Questo è ciò che ho pensato dopo aver letto Il canto del viaggio di Jean-Pierre Sonnet (edizioni Qiqajon, 2009, 86 pagine, euro 7,50): un libro che sta in tasca e si legge in due ore, breve e intenso come l’acqua quando si ha sete, poetico e concreto come il pane. Dopo tanti anni di lectio condivise, davvero avrei voluto scrivere pagine così per dire perché amo la Scrittura e perché ho visto che essa tanti legami crea e tanto muove.
In regalo, ecco la brevissima introduzione del testo: “Libro da portare con sé e bussola di chi la porta, la Bibbia ha qualcosa di «portabile». Il suo intreccio ne fa un libro di partenze, e la storia che racconta approda all’istituzione di pellegrinaggi che scandiscono l’esistenza di Israele: i cammini fondatori devono proseguire. Se il suo polo di attrazione è il luogo santo, Gerusalemme, la Bibbia fa anche del camminare lo “spazio” – anch’esso santo – dell’esperienza di Dio. Lo testimoniano le figure di Abramo, di Mosè e di Elia e, per ultima, quella di Gesù, l’«uomo che cammina» e mette in cammino. Tuttavia, tra le strade della Bibbia e quelle dei suoi lettori, le prime da percorrere sono le parole della Scrittura: il primo pellegrinaggio è la lettura”.