Indulgenza: |
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Sei parole...
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L'indulgenza
è l'elemento più controverso del Giubileo, ancora oggi crea qualche problema di dialogo
con le Chiese sorelle; non possiamo qui affrontare la questione storica relativa a questo,
ma va riconosciuto che non sempre il senso e l'uso dell'indulgenze sono stati corretti e
rispettosi. Ciò che per noi qui conta è però cercare il significato più profondo e
declinare questo contenuto con la vita laicale. Anche in questo modo, confrontandoci con
la verità, sarà più facile dialogare con i fratelli separati.
La dottrina delle indulgenze dice che il perdono cristiano, quello che riceviamo nel sacramento, "cancella la colpa, ma non rimette la pena", il che significa (detto in termini moderni e non giuridici) che il perdono non cambia la storia di male, il dato di realtà, che si è creata. Per questo normalmente ci è richiesta, dopo la confessione, una "penitenza", cioè un atto concreto di riparazione, un gesto che crei una contro-realtà. L'indulgenza riguarda la pena: quella storia che il male ha creato, e che è storia "esterna", di conseguenze sugli altri, ma anche storia "interna", di una abitudine al male che trasforma noi stessi come soggetti e indebolisce la nostra libertà; questa storia ci impegnamo a riparare chiedendo a Dio di sorreggere il nostro sforzo e, insieme, di cambiare lui quelle parti di realtà e di storia che non sono in nostro potere. E' il volto concreto, impegnativo, del perdono cristiano. Questa parola ci richiama dunque al principio di realtà: a prendere atto che la storia non è fatta solo di intenzioni e che ogni nostro gesto crea una realtà. E quindi ogni conversione chiede gesti concreti, creazione di un'altra realtà, capacità di incidere e strutturare, anche un passo per volta, una nuova storia, con nuovi cieli e nuove terre. In questo senso, il Papa ha chiesto, in occasione dell'anno giubilare, la remissione del debito dei paesi del sud del mondo: un pubblico e collettivo inizio di un'altra storia, un gesto che ripari il male creato ponendo le condizioni per il bene, non un gesto di carità, ma un gesto dovuto di riparazione. Per la nostra vita laicale, oltre la evidente importanza di questa questione, c'è anche un altro dato significativo: il principio di realtà, che le cose esistono e non sono sempre e totalmente in nostro potere, non è un dato particolarmente diffuso nella realtà culturale di questo tempo. E' sempre più difficile insegnare ai piccoli questa dimensione essenziale della vita e tutti diventiamo sempre più un po' adolescenti che dicono, dopo aver fatto un disastro, "Ma io non volevo!". Ritrovare le parole e i gesti della realtà, il senso della misura e del peso delle decisioni, il senso del nostro limite e della nostra responsabilità: tutto questo può essere davvero un grande impegno per poter chiedere poi a Dio, nella richiesta dell'indulgenza, che compia quello che manca e ci è impossibile, poiché è lui solo il Signore della storia. Riferimenti biblici:
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Giovanni Crisostomo, Omelie sulla seconda lettera a Timoteo, 5 Rufino di Aquileia, Commento al simbolo apostolico, 40 dagli Acta Sanctorum |
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