Nella rubrica “Caro Diogneto” su Jesus di aprile, il priore di Bose Enzo Bianchi pubblica una riflessione a partire dal già citato discorso di auguri di Benedetto XVI alla Curia romana nel dicembre scorso, là dove si afferma che che “la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di «cortile dei gentili» dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa”.
“Il Tempio di Gerusalemme – scrive Enzo Bianchi – era il luogo in cui Dio aveva fissato la sua presenza e per questo il popolo di Israele saliva alla collina del Tempio per “incontrare Dio”, per “vedere il suo volto”, per adorarlo e ascoltare la sua voce. Attorno a quella stanza cubica chiamata “Santo dei santi” – il luogo della presenza di Dio, la cui vista da parte dei credenti era preservata da una tenda – vi era uno spazio riservato ai sacerdoti per compiere i sacrifici, quindi un altro spazio destinato ai credenti figli di Israele, uomini e donne… Ma nella medesima zona del Tempio vi era anche un’altra area, pensata per gli “altri”, i non ebrei, i non credenti nel Dio Uno e unico di Abramo, di Isacco e di Giacobbe: uno spazio per gli altri, così come al centro vi era quello spazio per l’Altro-Dio”.