Le reazioni all’elezione di Francesco I sono comprensibilmente variegate, amplificate, ideologiche o meno… ognuno ha il diritto (e forse il dovere) di dire e condividere ciò che pensa. Le carte sono state sparigliate, e non poco, le novità simboliche e reali sono molte, l’attesa è crescente e molti tra coloro con cui condivido pensieri e parole non hanno ancora il coraggio di essere contenti, temendo l’ennesima delusione.
Personalmente ho solo due pensieri, per ora, piccoli e frammentari. Il primo è che non mi aspetto un pastore perfetto, in cui poi “perfezione” spesso coincide con “d’accordo con me su tutto”. E non per cinismo o disincanto. Piuttosto perché temo i risolutori definitivi e perché mi hanno insegnato da piccola che la chiesa non la fa nessuno da solo, neppure il papa (oh, scusate: il vescovo di Roma, chiesa che presiede nella carità). I pastori, a tutti i livelli, dovrebbero fare ciò che devono per servire la fede del loro popolo, e lo fanno come sono, come persone; il popolo dovrebbe fare ed essere ciò che deve, nella propria responsabilità battesimale, senza aspettarsi sempre una benedizione per le proprie scelte. Vescovi e popolo insieme imparano gli uni dagli altri, si correggono gli uni gli altri e cercano di servire tutti, specialmente i poveri.
A me sta a cuore la causa delle donne, mie sorelle; e forse (da ciò che sappiamo per ora) non altrettanto o non nello stesso modo sta a cuore a Francesco I: ma se le donne gli parleranno e lui ascolterà, se lui ci parlerà e noi lo ascolteremo, impareremo. Sta a noi, donne credenti, essere per lui la voce di tutte le donne. Una voce affettuosa e insieme insistente, senza sconti perché affettuosa.
Ma per questo servono condizioni previe (ed è il secondo pensiero): ritornare ad una fiducia e credibilità reciproca, non annegare nel “retropensiero”, ritrovare i fondamentali della chiesa in questo tempo (misericordia e larghezza di cuore, sobrietà riconoscibile, rispetto e cura per i poveri, riconoscimento della reciproca soggettività battesimale, fiducia nella realizzazione delle istanze di Vaticano II, pazienza e tempo di credito reciproco). Ci sarà dato? Francesco I ce lo darà? E noi sapremo concederlo a lui? Questo non lo possiamo ancora sapere.
A lui spetta donarci queste condizioni nelle scelte, anche pubbliche, che farà; per ora ha dato segnali chiari: ha chiesto reciprocità, ha mostrato in sè e chiesto ai cardinali e al suo popolo argentino sobrietà, ha rigirato l’altare della Sistina secondo la riforma liturgica… Solo captatio benevolentiae mediatica? Personalmente non credo, e sono più propensa a pensare che siano gesti voluti perché tutti li possano leggere, perché anche le persone meno intellettuali si sentano a casa, accolte, con le preghiere essenziali, con il nome di un santo che tutti amano, fuori e dentro la chiesa, con la differenza chiara e non teorica tra una croce d’oro e pietre preziose e una di ferro.
Concediamo credito a questo pastore e diamogli tempo, chiediamogli credito e tempo. Voglio una chiesa che sia tale, che cerchi di essere la chiesa del Signore, non un pastore perfetto.
Stella Morra