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22 Gennaio 2001
Don Giovanni Giorgis

4. Canterò per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna

Commento a: Is 5, 1-5


Avevo pensato, per questo incontro, un tema dolce, un tema bello, il tema del vino, della vigna nella Bibbia, perché magari, quando sono stato interpellato, avevo voglia di un po’ di serenità e di allegria. Ma il motivo è ancora più profondo, perché sapere che l’immagine della vigna e della vite, è una delle grandi immagini bibliche per significare il rapporto tra Dio e Israele, tra Dio e il suo popolo. Un’altra grossa immagine è quella del fidanzamento, del matrimonio, ma direi che, subito dopo, è quello della vigna è veramente un tema importante.

La lectio di oggi

Il testo: Isaia 5,1-5

1 Canterò per il mio diletto
il mio cantico d’amore per la sua vigna.
Il mio diletto possedeva una vigna
sopra un fertile colle.
2 Egli l’aveva vangata e sgombrata dai sassi
e vi aveva piantato scelte viti;
vi aveva costruito in mezzo una torre
e scavato anche un tino.
Egli aspettò che producesse uva,
ma essa fece uva selvatica.
3 Or dunque, abitanti di Gerusalemme
e uomini di Giuda,
siate voi giudici fra me e la mia vigna.
4 Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna
che io non abbia fatto?
Perché, mentre attendevo che producesse uva,
essa ha fatto uva selvatica?
5 Ora voglio farvi conoscere
ciò che sto per fare alla mia vigna:
toglierò la sua siepe
e si trasformerà in pascolo;
demolirò il suo muro di cinta
e verrà calpestata.

L’ispirazione prima è ad Isaia 5,1-5, il canto dell’innamorato per la vigna di Dio.

1 Canterò per il mio diletto
il mio cantico d’amore per la sua vigna.

Canterò: che è che canta? È il profeta, nel caso nostro, il profeta Isaia.

Per il mio diletto: il diletto del profeta chi è? Il diletto del profeta è Dio.

Il mio cantico: il cantico del profeta.

Per la sua vigna: la vigna di Dio.

Questo canto che esamineremo in una delle volte future, un po’ più a fondo, voleva essere un centro di interesse che ci consentisse di percorrere, di andare a passeggio (mi piacciono molto le passeggiate nella Bibbia, perché la Bibbia è un grande parco, è un grande fiume, è una grande avventura… partire, inoltrarsi, cercare, senza tante preoccupazioni di seguire chissà che filo, perché abbiamo fissato di trattare quello e diventiamo schiavi di quello che abbiamo deciso, mentre la Parola biblica è talmente bella e liberante che, se vi lasciate prendere, vi conduce a pascoli inaspettati, rompendo le tradizioni, rompendo gli schemi… d’altronde, a pensare bene, Gesù le ha fatte saltare tutte, le tradizioni e gli schemi del suo popolo, in maniera scandalosa e noi non ci siamo ancora ben resi conto di questo scandalo) nella Bibbia, rincorrendo questo tema della vigna, della vite e del vino.

Siccome ho visto che il tutto dovrebbe essere all’insegna di una lectio divina,  volevo precisarmi come io intendo la lectio divina. Mi sono fatto un’idea mia, che urta un po’ con l’idea che, generalmente, sentite esprimere attraverso l’espressione patristica della lectio divina.

Prima di tutto, se non preghiamo adesso e dopo, non significa niente: perché Dio, in fondo, non chiede la preghiera, Gesù Cristo non ha mai chiesto preghiere, né per sé, né per il Padre. Se non in qualche battuta, ancora da interpretare. Gesù chiedeva di essere, di assomigliare al Padre, non di pregare tanto; assomigliare al Padre: lui cercava di assomigliare al Padre e quindi cercava di vivere in comunione con il Padre e noi questo lo chiamiamo preghiera. Solitamente quando andiamo nel suo profondo valore e significato, la preghiera sarebbe la comunione con il Padre, ma poi sapete che abbiamo ridotto la preghiera soprattutto alla orazione. Se ci mettiamo lì e diciamo delle formule a Dio, allora quello è preghiera: dove sta scritto? Anzi, dire solo delle formule, pensando di pregare, è un po’ stupidino: “non chi dice Signore, Signore, ma chi fa la volontà del Padre…”.

Questo dico per renderci conto che tutto quello che facciamo, soprattutto la fatica nostra di andare a cercare quella che crediamo, attraverso la fede, essere Parola di Dio, veramente quello che Dio vuole dirci… questo è preghiera: questa è comunione con Dio, perché se non è questa la comunione fondamentale con Dio, le altre sono formule molto facili. Poi mi chiedo, cosa possa interessare anche a Maria… noi possiamo avere interesse a dire il Rosario (non andate poi a dire che ho smentito l’importanza del Rosario), ma quella povera Madonna che si sente dire per 150 volte Ave Maria, dirà: “Adesso basta, una volta che me l’hai detto, una volta o due.. Cosa ne fai di arroventarti il fegato in quel modo, sii più sereno, più tranquillo, non è ripetendomi infinite volte l’Ave Maria che mi dai omaggio”. Poi continuate a dire il Rosario come prima, ma caso mai dategli uno spirito nuovo: lo spirito nuovo potrebbe essere questo, di pensare che non è ripetendo delle formule che onoriamo Dio, onoriamo Maria.

Se ci pensate un momento, Gesè pregava, ma non si era preoccupato di insegnare a pregare alla gente. Un’ottima pedagogia, il contrario di quello che fanno i preti, le suore e certi genitori più o meno cristiani, che magari non vanno mai in chiesa, ma impongono ai figli, ai bambini, almeno di pregare. Gesù non ha mai imposto questo, mai richiesto: Gesù, caso mai, faceva e poi si ritirava a pregare. Sapete che una bella volta si sono messi d’accordo gli Apostoli: “Chissà cosa va a dire al Padre, chissà?”. E poi, anche per il loro sussiego, ci tenevano a diventare un gruppo di discepoli al seguito di un rabbi che stava prendendo piede; tutti i rabbi famosi insegnavano qualche preghiera speciale ai loro seguaci. Il papa, per l’anno santo, ha tirato fuori una preghiera speciale; tutti i nostri vescovi, ogni tanto, quando c’è una domenica speciale, tirano fuori una preghiera… perché abbiamo questa mania di tirare fuori tante nuove preghiere, come se la salvezza consistesse in quello che noi possiamo dire a Dio: la salvezza consiste nel ricevere la grazia di Dio, l’amore di Dio in dono; accorgerci che è Lui che ci ama, che ci ha fatti a Sua immagine e somiglianza, che aspetta..

Gesù si è poi deciso, quando proprio glielo hanno chiesto, per tanti motivi (anche questo, molto umano, del gruppo che si sente tale perché il maestro ha insegnato una preghiera, la nostra preghiera: la preghiera degli Scout, di Comunione e Liberazione, la preghiera dei Focolarini, la preghiera dei francescani, del Terz’Ordine francescano, domenicano, la preghiera dei Gesuiti, e tutte queste cose. Siamo noi che abbiamo bisogno di tute queste cose, non Dio). Gesù, è significativo che una sola volta ha detto: “Quando pregate dite…”. Per di più, ci sono due Padre Nostro, due formule diverse del Padre Nostro… Anche lì, bisognerebbe chiedersi il perché. E allora scopriremmo tutto il meccanismo della formazione dei Vangeli, di come sono nati, del perché di queste tante differenze all’interno del Vangelo…

Ed è anche questo uno dei motivi per cui ho detto che ho pensato di voler esprimere, tenuto conto di tutte queste cose e di tante altre, per lectio divina. Per me è una formula molto equivoca: mi sembra azzardato. Io sarei più del parere di dire: lectio umana della Bibbia. Perché io mi trovo davanti un testo, per la verità una biblioteca di testi, sono 73 libri, 46 nell’Antico e 27 del Nuovo. Ma potreste dire molto di più di 73, se diceste 130 sarebbe più giusto; se diceste 6300 sarebbe più giusto ancora, se diceste 63000 giustissimo… Forse non sono ancora tutti, perché la Bibbia è nata da tutto il popolo, da tutta la fede del popolo di Dio. I Salmi sono 150, ufficialmente fanno un libro unico, ma sono 150 preghiere; poi se studiaste i Salmi, vedreste che tanti Salmi sono dei centoni, cioè tanti salmi, tante preghiere decurtate, scelte, prese un po’ di qua e un po’ di là, a formare un unico salmo. Di Isaia, per esempio, oggi gli studiosi biblici dicono che sono almeno tre… E avanti… Lo stesso Vangelo di Giovanni finiva al capitolo 20, poi hanno aggiunto il 21. Marco finiva al capitolo 16 versetto 8, poi ci hanno aggiunto un’altra finale… E avanti tutto così… La Bibbia è da moltiplicare. E anche i nomi che abbiamo, tolto pochissime lettere di Paolo, neppure tutte, ma alcune che si sa che sono proprio sue, su cui non ci sono dubbi… peraltro gli stessi Vangeli, Matto, Marco, Luca e Giovanni non è sicuro che siano proprio di Matto, Marco, Luca e Giovanni; non sappiamo bene chi erano costoro.

Allora vedete che i problemi si complicano: io mi trovo di fronte a un libro, a una biblioteca di libri profondamente umani, altro che divini. Tanto è vero che se mi metto lì a leggere la Bibbia con senso critico, non perché voglio demolire la fede, ma perché voglio rendermi conto di quello che leggo, ragionarci su, vedere se quello che dice è convincente, è giusto, se riesco a spiegare le cose, come è stato costruito un libro, viene da dire subito che è una favoletta: se sto materialmente lì a quello che è scritto, non posso accettare certe cose.

Vi dicevo prima: il Padre nostro; quale sarà quello originale? Fino a quaranta anni fa si spiegava con troppo semplicismo, si davano delle spiegazioni che poi sono cadute: perché non erano spiegazioni che non spiegavano. Si diceva che Matteo ha seguito Gesù sul monte, Gesù ha fatto là il discorso sulla montagna (Mt 5,6-7) e Gesù quella volta ha detto il Padre Nostro in quel modo, lo ha insegnato così, e quindi Matteo lo ha fissato così. Un’altra volta o magari la stessa volta, chi lo sa, scendendo dalla montagna, in un pianoro, Gesù si è fermato e ha recitato di nuovo il Padre Nostro, un po’ più  breve, perché o si è dimenticato due o tre battute, o aveva un po’ più di fretta: quella volta lì c’era Luca e Luca lo ha registrato così. Ma sono stupidaggini di spiegazioni queste! Le spiegazioni sono molto più complesse e complicate…

Ecco, questo potremmo moltiplicare gli esempi (se poi volete sentirli, ve ne faccio a dismisura…), ma era per dire che ci troviamo di fronte a dei libri profondamente umani, che dobbiamo leggere con la ragione, con l’intelligenza; perché essere credenti non è sinonimo di essere stupidi; essere credenti non è sinonimo di non volersi rendere conto delle cose. La fede è altra cosa che la stupidità: la fede non è certo la ragione; la ragione prepara e poi cede il posto alla fede, questo va da sé. Ma se togliete la ragione, se voi togliete lo sforzo umano per comprendere la Bibbia, voi distruggete il lettore umano, distruggete l’uomo e questo è contro la volontà di Dio.

Siccome Dio (non so voi, ma io e gli altri..) nessuno lo ha mai visto, perché arriva misteriosamente a noi attraverso l’uomo fatto a sua immagine e somiglianza, attraverso i fatti, la storia, quello che di Lui rivela il creato… ecco che non possiamo accostarci direttamente a Dio, abbiamo bisogno della mediazione, della storia, degli uomini: ecco perché la parola di Dio è diventata parola umana. Soprattutto se andate all’incarnazione, di Dio che si incarna per essere vicini a noi, per amarci, per passarci l’Evangelo, ossia la lieta notizia che Lui ci ama, e si incarna in Gesù Cristo… Gesù Cristo non aveva scritto: io sono il Figlio di Dio. Lo hanno seguito, lo hanno sentito, lo hanno accolto, lo hanno rifiutato, lo hanno ammazzato come uomo non come Dio: perché se fossero stati sicuri che era il Figlio di Dio, non sarebbe successo quello che è successo. La divinità di Gesù arriva a noi attraverso la sua umanità: bisogna partire dal Gesù storico per risalire al Cristo della fede, come sapete. Non che siano due persone distinte, sono la stessa persona, ma per arrivare alla fede in Gesù bisogna passare attraverso la sua umanità.

Per me questo è importante: io parlerei, almeno di lectio umano-divina della Scrittura. Una Parola di Dio, se la credo tale, è detta agli uomini; e se è detta agli uomini, questa Parola di Dio è legata al tempo, è legata allo spazio, è legata alla cultura ebraica. C’è uno studioso che, qualche tempo fa, diceva che Dio si è incarnato ebreo: ed è vero! È legata alla cultura ebraica, la Bibbia: così differente questa cultura dalla nostra cultura; la nostra cultura è occidentale, quella è orientale; la nostra cultura è moderna, quella è vecchia di 3000 anni fa; usa soprattutto delle immagini, perché la Bibbia ci passa delle parole attraverso non dei concetti come usiamo noi, concetti culturali, filosofici e teologici; ci passa tutto attraverso delle immagini, attraverso parabole (la parabola della vigna che abbiamo un momento fa): questo è estremamente diverso dal nostro modo di pensare; questo implica che si sia bravi a interpretare, a capire che cosa, attraverso quell’immagine si vuol dire. Se io dico che mi è scappato un vaso di vetro e mi è andato in mille pezzi, tutti noi sappiamo che è un modo di dire; probabilmente saranno 75 o tre o quattro… eppure continuiamo a dire: “è andato in mille pezzi”. Chi nella nostra cultura non sa che è un’immagine, un modo di dire… ma tra 2000 anni leggessero qualcosa del genere o altre battute del genere… “quella ragazza, mia figlia, aveva i grilli per la testa”: a quel tempo le ragazze avevano i grilli tra i capelli. Chissà cosa diranno… eppure tutti noi comprendiamo che cosa vuol dire.

Quando andiamo alle espressioni della Bibbia, le traduciamo alla lettera e non ci rendiamo conto di quello che possono volerci dire; potremo fare degli esempi, cammin facendo, anche altre volte. Era solo per dire che abbiamo un Dio, nella rivelazione biblica, che si nasconde dietro il velame della cultura ebraica antica, si nasconde sotto il velame della storia di allora, legata a quel tempo, legata a quello spazio. Sapete che la profezia, per gli ebrei, è prima di tutto questo modo di leggere la presenza di Dio attraverso quello che succede nella storia; i libri che noi abbiamo catalogato nei nostri libri dell’Antico Testamento come libri storici, la Bibbia ebraica (qualcuno di voi userà abitualmente la Bibbia di Gerusalemme, se va pag. 12 dell’introduzione, trova tutte queste cose) li chiama già libri profetici: subito dopo i cinque libri della Torah, il nostro Pentateuco (che chiamano la Legge, l’Insegnamento… che sono la vera Bibbia, perché gli altri Profeti e gli Scritti sono della bibbia che noi abbiamo accettato, sono considerati come commenti) hanno collocato i libri profetici: andare a vedere che cosa mettono in primo luogo tra i libri profetici! Mettono quelli che noi chiamiamo storici, già: Giosuè, Giudici I e II Samule, I e II Re; perché, per loro, la storia dovrebbe (Cicerone diceva che la storia è maestra di vita) passarci la Parola di Dio; perché profezia significa, uno che parla a nome di un altro. Sapete benissimo che non significa predire il futuro: il profeta biblico non è un indovino, un mago che predice il futuro, che dice oggi quello che capiterà un po’ più in là, e più le distanze sono grosse e più il profeta è bravo. Non è questo il profeta biblico: il profeta biblico è uno che riprendendo il passato, il tema dell’alleanza, dal Sinai in avanti, lo rende attuale per l’oggi e quindi influisce anche sul futuro. Ci sarà la componente per il futuro per il profeta, ma non è questa la prima preoccupazione del profeta: questa è di rifarsi all’alleanza con Dio, di far vedere a Israele che non è fedele a questa alleanza, provocarne al conversione per l’oggi, perché si costruisca un avvenire migliore.

E quindi, questo avviene attraverso la storia e non attraverso i miracoli: è attraverso il parlare di Dio, i segni della presenza di Dio, nel divenire magari monotono, faticoso, violento della storia. È qualcosa che scombussola tutto il nostro modo di intendere la Rivelazione: un Dio che si è nascosto sotto il velame della storia, la sua Parola nascosta sotto le parole umane, sotto il Logos, come si esprime Giovanni: Gesù Cristo, il quale era Dio, ma era uomo e, ripeto, come tale fu visto, come tale fu seguito, abbandonato e ammazzato; ci va altro a passare al divino, e allora a me fa un po’ paura questa sicurezza che hanno tante persone di far dire lì, a un testo che leggono, a volte le cose più strampalate, che non hanno fondamento, che vogliono dire tutto il contrario di quello che vogliono dire i testi, collocati in quello spazio… e chiamare questo lectio divina: come se fosse l’illuminazione di Dio che arriva in quel momento. Bisogna essere molto prudenti, anche molto umili … questa è la mia preoccupazione.

Come Dio arriva a noi attraverso l’umano, così noi dobbiamo arrivare a lui attraverso l’umano: non c’è altra via, secondo me. Dire soltanto lectio divina, passando a un approccio quasi diretto con Dio, rinunciando alla comprensione umana della Bibbia, a me sembra impossibile, oltre che ingenuo e presuntuoso. Per lo più, quando intendo lectio divina, intendono questo cammino: tanti, invece, danno da intendere che non la intendono così; la intendono come una presa diretta con Dio, come se avessero il telefono bianco che collega direttamente con Dio. C’è un famoso professore universitario di Tel Aviv o di Gerusalemme, che in occasione di un convengo internazionale, aveva ricordato una barzelletta: quando c’era ancora Tatcher come primo ministro dell’Inghilterra, il primo ministro israeliano era andato in Inghilterra; aveva visto che a Londra che la Tatcher aveva su un tavolino il telefono rosso, uno bianco, uno nero normale; il telefono rosso è per chiamare Mosca, l’altro è quello normale; e quello bianco? La Tatcher spiega che è per telefonare a Dio. Allora il primo ministro israeliano chiede di poter fare una telefonata a Dio, dal momento che un po’ di amicizia con Dio come israeliano, ce l’avevano; dopo la telefonata, il ministro israeliano voleva pagare la spesa: la spesa era piuttosto alta, essendo una interurbana; quando poi la Tatcher ricambiò la visita a Gerusalemme, anche lì c’era il telefono bianco sul tavolo del primo ministro: la Tatcher chiede di poter telefonare a Dio da lì; il ministro la fa telefonare, e quando si tratta di pagare, il ministro dice che faceva quasi nulla, praticamente un gettone; a questo punto la Tatcher chiede come mai in Inghilterra era molto cara la telefonata mentre in Israele costava molto poco; il primo ministro spiega che loro sono di casa con Dio…

Tanti danno l’idea di essere di casa con Dio, le telefonate con Dio a quelli non costano niente; ma bisogna poi ancora vedere se sono telefonate autentiche oppure no. Io direi, più modestamente, che con Dio possiamo anche cercare un approccio diverso, che non sia quello della mediazione della Parola biblica; per fortuna, chissà quanti pregano e vanno a Dio senza neppure sapere cosa sia la Bibbia; la Chiesa stessa, in passato, aveva proibito… erano eretici quelli che la studiavano, ora sono eretici quelli che non la prendono in mano. Ci si può salvare anche senza leggere direttamente la parola biblica, anche perché la parola biblica ci è passata attraverso la liturgia, la predicazione, e poi Dio può anche illuminare talmente i cuori e le menti, tanto da poter saltare benissimo la parola biblica. Il problema invece è qui: se io voglio servirmi della Bibbia, non posso prescindere da una sua comprensione umana, storico-letteraria e quindi anche spirituale; perché ogni testo, anche storico letterario, ha una sua potenza spirituale. Comprensione umana  quindi: non posso passare al divino, senza transitare per l’umano; avete conferma in Matteo 25, quando Gesù dirà, come criterio ultimo della nostra personalità cristiana: avevo fame, mi avete dato da mangiare, avevo sete, mi avete dato da bere, con tutto quel che segue; ma quando? Non ti abbiamo mai visto! Se avessimo saputo? Se ti fossi presentato con il biglietto da visita! Se fossi stato vestito di bianco come il Santo Padre, se fossi stato vestito di rosso come i cardinali, se ti fossi presentato vestito almeno da monsignore, vestito con qualche talare almeno… e invece no, tutto anonimo: come potevamo conoscerti? Questo l’allarmante di Gesù, questo fa saltare tutta la religione apparentemente; fa saltare tutti i nostri schemi, perché qui di religioso, come lo intendiamo noi, non c’è più niente; qui c’è solo la carità, c’è solo l’amore: avevo fame e mi avete dato da mangiare, perché questo avete fatto all’ultimo dei miei fratelli… Altro che lectio solo divina.

Dico questo, perché non vorrei essere frainteso; penso che quello che dico siamo obbligati ad accettarlo tutti. Per dei credenti, lo scopo per cui leggiamo la Bibbia… e attenzione, quando diciamo lectio, la lettura suppone lo studio: al contrario delle nostre solite categorie. Quando eravamo ragazzini, ci sentivamo dire: leggi tante volte, così studi. Ma è il contrario che bisogna fare: bisogna studiare un testo per poterlo leggere. E studiare significa smontare un testo: smontare, andare a vedere che cosa significa quella parola, se possibile in originale; e fare tutto questo lavoro come un tecnico smonta un motore per capire come è fatto: poi lo rimonta, adesso funziona, adesso so, posso leggere… Studiare una pagina per poter fare la lectio, per poterla leggere, perché soltanto dopo la capite, soltanto dopo quella pagina è veramente lettura.

La Bibbia è certamente, per dei credenti… lo scopo per cui leggiamo la Bibbia è certamente quello di accordarci alla Parola di Dio, accordare alla Parola di Dio la nostra conoscenza, la nostra lettura umana, per una comprensione seria, e talora, lasciatemelo dire, è quasi sempre difficoltosa. La liturgia fa in fretta, affetta come un salame e ci dà delle parti. C’è anche la “Bibbia pazza”, non solo la mucca pazza: se prendete certe pagine della Bibbia… più violente di così… Vi viene da dire: se quella è Parola di Dio, è meglio che non lo sia… a prima vista, se non riuscite a inquadrare il tutto. Quindi la lectio divina su quale pagina la fate? Su certe esaltanti pagine di altra spiritualità o la fate sugli adulteri di Davide? O sulle pagine che vi presentano l’harem di Salomone? Sulle guerre supposte dalla Bibbia alla luce di un Dio che a volte è presentato a capo dell’esercito e ammazza a tutto andare i nemici per far posto a Israele? Come leggete? Come interpretate? Che lectio divina fate? Non è così semplice, così facile. Allora spesso siete davanti a testi difficilissimi, da capire, da interpretare, da pregare. Gli stessi salmi: certo, si scelgono i più belli; la liturgia ha eliminato da quel salmo… Se poteste portarvi la Bibbia, le prossime volte, così possiamo leggere qualcosa insieme. Il canto sui fiumi di Babilonia, il Salmo 137… Sapete che c’è una duplice enumerazione per i salmi: una che è messa solitamente fuori parentesi, e un’altra dentro la parentesi; spesso c’è lo scarto di un numero: qui c’è scritto 137 fuori e 136 dentro; siccome ci sono due numerazioni, in genere le mettono tutte e due, poi chi ha studiato un po’, dovrà rendersi conto che certe traduzioni, per esempio la Bibbia Cei mette fuori parentesi la numerazione che corrisponde al testo ebraico, e dentro parentesi la numerazione che corrisponde alla traduzione greca dei LXX, alla traduzione latina di Gerolamo e alla liturgia. Ricordatelo, in maniera che, la domenica, se voleste accordare qualche salmo che trovate sui fogli della domenica al testo biblico di una Bibbia che enumera con la numerazione ebraica per prima, dovete verificare, siete un po’ in difficoltà.

Sui fiumi di Babilonia: tutti sanno che Verdi ha preso l’ispirazione di lì, “la sedavamo piangendo al ricordo di Sion…”. Bellissimo. Poi andate avanti: “se ti dimentico Gerusalemme, si paralizzi la mia destra (era una specie di giuramento), mi si attacchi la lingua al palato, le non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia…”. E fin lì andrebbe tutto bene; la liturgia ad un certo momento si ferma; fin lì è bello, è cristiano, sembra già cristiano in anteprima: quello che segue lo hanno eliminato, lo hanno tolto. Ma è giusto eliminare così un testo? Decurtare così un testo? E se lo lasciate, come potete recitarlo con tranquillità? Perché sentitte che cosa aggiunge: “Ricordati, Signore, dei figli di Edom”. I figli di Edom erano i figli di Esaù, gli Edomiti, abitavano e abitano ancora adesso a sud di Gerusalemme, nel deserto di Giuda, nel deserto verso il Mar Morto, verso la penisola del Sinai… “che nel giorno di Gerusalemme”; il giorno di Gerusalemme è il giorno in cui Gerusalemme è andata distrutta e incendiata dall’esercito di Nabucodonosor, che poi ha avviato la deportazione a Babilonia; “dicevano: distruggete! Distruggete! Anche le sue fondamenta”. Erano venuti su a battere le mani a Nabucodonosor, dicendo di farla finita con gente di Gerusalemme: deportate tutti da Gerusalemme, così saliremo finalmente noi su dal deserto… com’è questa storia che Dio ha dato a loro Gerusalemme, ha dato tutto il nord, buono, vegeto, terra dove scorre latte e miele, e a noi ha dato solo le sabbie del deserto infuocato del mar Morto? Facciamo un po’ di giustizia! Era anche giusto…

Se volete, questo ricordo dice: “Figlie di Babilonia, devastatrice, beato chi ti renderà quanto ci hai fatto! Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sbatterà contro la pietra!”. Perché erano usi e costumi di allora di eliminare, per quanto era possibile, tutti i ragazzini, tutti i bambini, perché così, per un po’ di tempo, non ci sarebbero più stati giovanotti a far la guerra e si viveva un po’ in pace. Adesso lo fanno, ma senza dire quelle cose lì; lo fanno con le bombe all’uranio, lo fanno con tante altre cose, con le guerre: con una guerra di pochi mesi ammazzano molte più persone di quante allora se ne ammazzassero in anni di guerra. Non è migliorata per niente…

Ma noi, togliendo tutto, diamo l’idea di essere santi, in confronto di quei diavoli peccatori: trovate questo un rispetto nei confronti della Parola di Dio?  Eppure, chi ha il coraggio di recitare… Se andate a prendere gli altri salmi di maledizione: salmo 108. I tedeschi, per augurare a qualcuno il peggio, dicono: ti venga il salmo 108! Ecco la lettura difficoltosa dei testi. Sono testi religiosi scritti millenni fa, secondo paradigmi di pensiero e di scrittura così diversi dai nostri.

Che lettura spirituale, divina, della Bibbia volete fare, se rinunciate a capirla come libro umano? Potere far dire alla Parola di Dio le assurdità più atroci; e allora incorrereste nel rimprovero che già il Dio di Geremia faceva al secolo VII a.C., al tempo del grande profeta, il quale mette in bocca a Dio questo (noi studiavamo in latino, perché allora la traduzione di Gerolamo, prima del concilio, era quella che si leggeva, qualcuno se la ricorderà ancora…): “dite parola di Dio, quando io non mi sono mai sognato di dire quello che mi fate dire”. E qui, soprattutto i preti hanno una responsabilità grossa, perché siamo noi preti che facciamo dire alla Parola di Dio quello che ci è comodo far dire.

Ecco, potremmo prender a paradigma… era anche utile e doveroso, penso, ambientarci un pochetto, perché la prima sera è sempre così, di conoscenza, di assaggio. Perché la Bibbia è veramente un mistero e bisogna introdursi con molta umiltà, ma anche con grande competenza; e se non ce l’abbiamo noi, essere grati a quelli che hanno sudato, che ci hanno rimesso la pelle, che ci hanno rimesso la vita e che ci possono dare oggi delle indicazioni, grazie anche all’apertura immensa di studi che ci sono stati verso il Medio Oriente, in questi ultimi 50 anni.

Potremmo prendere come paradigma la prima lettura di ieri, dal libro di Neemia (Ne 8): Esdra e Neemia sono mandati a Gerusalemme, a rifare Gerusalemme; l’impero persiano che era succeduto a Nabucodonosor, perché Nabucodonosor era l’impero babilonese… Ecco, vi consiglierei di farvi una piccola cultura, minima, storica: perché se è vero quello che vi dicevo… e avrete provato a leggere mille volte certe pagine della Bibbia senza venirne fuori nella comprensione per niente… Se non avete una minima conoscenza di quella che una volta chiamavamo la storia sacra, ma dice semplicemente la storia biblica, che sta semplicemente dietro a tutta la biblioteca che chiamiamo Bibbia, non riuscirete mai ad avere il senso dell’incarnazione della Parola. Allora vi consiglio questo panorama di storia biblica (Panorama di storia biblica, Queriniana Edizioni, 1969, 2020). Lì avete tutto quello che c’è nella Bibbia: l’itinerario cronologico, a iniziare da Abramo, nel 2000 a.C., fino a Gesù. Il guaio è che la Bibbia non è disposta secondo una successione cronologica: la Bibbia vi mette prima quello che è nato dopo, vi mette dopo o a metà quello che è da collocare in tutte altre situazioni. Anche nel Nuovo Testamento, che conoscete meglio, lo sapete, prima hanno messo i quattro vangeli, ma non sono i quattro vangeli che iniziano il Nuovo Testamento scritto: è stato iniziato con Paolo, è Paolo che per primo ha scritto; se l’evangelista che fu il primo a scrivere, e secondo gli studiosi di oggi, sarebbe l’evangelista Marco, e scrive verso gli anni 70, Paolo è già morto. Solitamente, uno che è morto non scrive più: quello che ha scritto, Paolo lo ha scritto prima; allora è il primo scrittore del Nuovo Testamento, e invece lo hanno messo dopo. E anche all’interno delle stesse lettere di Paolo, voi trovate prima la lettera ai Romani, poi la lettera ai Corinti I e II, ai Galati… volete ricordarle nella successione della nostra Bibbia, ricordate quella filastrocca: rococo galeffico tetetiti tifile; prendete le prime iniziali e fate la filastrocca: rococo, Rm, 1Cor, 2Cor e andate avanti. Ma non sono state scritte in quella successione lì. Se volete proprio andare alla prima lettera di Paolo, dovete saltarle tutte e andare a leggere per prima la 1 Tessalonicesi: è con quella che inizia il Nuovo Testamento scritto. Ma vedete che confusione! I vangeli vengono dopo; e prima c’è Marco e invece hanno messo prima Matteo. Il perché? Perché non hanno seguito un criterio cronologico, hanno seguito il criterio della tradizione, hanno seguito … Paolo ha predicato Gesù, ma sono i vangeli che ci parlano soprattutto di Gesù; allora hanno messo per primi i vangeli; per Marco si erano fatti l’idea che fosse un evangelista da poco, che avesse sunteggiato il vangelo di Matteo e allora hanno messo per primo Matteo, perché Matteo era il vangelo che era più sfruttato nella Chiesa, perché è il vangelo ordinato, è il vangelo che parla del primato [di Pietro], è il vangelo che ha due volte il termine ekklesia, chiesa… non tutti conoscono queste cose. Voi direte: cosa importa? L’importante è che siano lì! Certo, è importante che siano lì, ma per avere, conoscere come la rivelazione è cresciuta, come è divenuta, come si è fatta, è molto importante sapere come tutto è nato, ed è da disporre in termini cronologici, evidentemente… Altrimenti è come se, interpretando il vostro pensiero, o la vostra maturazione di mente, o di cuore, mettessero prima quello che bisogna mettere dopo, viene fuori una gran confusione, e nessuno scopre quello che veramente siete. Ecco perché il tutto diventa più difficile.

Se invece avete un canovaccio storico, tantissime cose potete organizzarle; se poi volete che ve la spieghi, ve la spiego: divisa di 100 anni in 100 anni, vi facilita la comprensione e l’impostazione di tutto l’Antico Testamento. Per esempio la prima lettura di ieri (Ne 8), con l’aiuto di qualche buona nota, oggi gli studiosi della cronologia biblica sono persin sicuri della data, sembra trattarsi di un anno facile da ricordarsi, 444 a.C…. andate a cercarvelo lì, si parla di Esdra e di Neemia, mandati dell’impero persiano a ricostruire Gerusalemme come avamposto contro l’Egitto, dall’altra parte. Non c’è storia di Israele, né ieri, né oggi (e oggi ne siete alle prove) che non debba tener conto, da una parte dell’Egitto, e dall’altra parte dei paesi medio orientali: Israele è lì in mezzo.

Con queste conoscenze, voi smontate e rimontate i testi, li conoscete meglio dal punto di vista storico, sotto il punto di vista umano e vi preparate il terreno, per innestarci la visione di fede, la lectio divina: allora la lectio umana divina. Io intendo le cose così, e penso che la intendono così anche quelli che saltano l’umana e vanno subito nel divino: perché poi, come fanno a far uscire il divino senza tener conto dell’umano, non lo so… Ma ci sono, ne siete tutti a conoscenza, certe interpretazioni fasulle della Scrittura.

Vi pregherei poi di prendere la vostra Bibbia e di vedervi un po’ le abbreviazioni delle sigle, di impararvi le sigle. Come tutti sappiamo le targhe (Roma è talmente grande che si scrive tutta di seguito… perché siamo creati schiavi di Roma). Un Dio liberatore ci avrebbe fatti, secondo il fatidico inno di Mameli (resuscitato con tanto entusiasmo dal nostro amato presidente)… non sono in grado di togliere quella frase che da adito a molti e a tutti noi di avere un sentimento di ribellione contro una Roma ladrona e padrona… Dio non vuole nessuno schiavo degli altri: neanche la moglie del marito… Quella frase con cui si celebra il matrimonio, così anti evangelica che fa inorridire… sono tutte cose che si potrebbero cambiare. C’era un vescovo, per esempio, monsignor Clemente Riva, vescovo ausiliare di Roma, che aveva proposto di cambiare quella formula sacramentale del matrimonio: “io prendo te come moglie… Io prendo te come marito”, non si possono prendere le persone!  Nessuno può mettere le mani addosso e rubare le persone, e prendere le persone. Non si può cambiare la formula in questo modo: io ricevo te in dono? Questo è biblico: io ricevo te in dono; ricevo in dono, prima di tutto, l’amore di Dio e lo ricevo attraverso te, attraverso te uomo che vuoi legarti a me nell’amore, e tenterò di ricambiare nel migliore dei modi. Fate una lectio prima umana e poi aggiungetevi il divino. E scoprirete che, spesso, è questione di sapersi un po’ meglio, in termini un po’ più gentili, un po’ più cortesi, un po’ più umani… E tutto ciò che è più umano è più divino, dopo l’incarnazione.

Theillard diceva che a pensar bene, già con la creazione, tutto è in qualche modo divino; ma se poi ci aggiungete l’incarnazione, e la redenzione, tutto è in qualche modo fatto salire a Dio. Questo dovrebbe aiutarci, guidarci, anche animarci ed entusiasmarci, alla riscoperta della Parola biblica, magari in termini più consoni alle attuali acquisizioni della cultura e della spiritualità biblica.

Poi, se seguite il mio consiglio, visto che tratteremo questo tema nella Bibbia, partite pure da Isaia 5, 1-5, dal cantico che riprenderemo, e attraverso rimandi, attraverso note; se state attenti, una nota rimanda all’altro, oppure, anche solo servendovi… Dovreste usare una buona Bibbia, perché ci sono delle bibbie pessime: voi direte, ma la Bibbia non è la Bibbia? Ma da tradurre in un modo a tradurre in un altro… Sapete che ci sono delle buone traduzioni e ce ne sono altre non buone; quando, andando a scuola, facevate una versione di latino e si traduceva, tutta la classe, un testo, ma qualcuno prendeva 10 e altri prendevano 0. Noi avevamo un insegnante di greco che, a volte, metteva 3 o 4 zeri! Da prendere una traduzione ben fatta a prenderne una mal fatta può cambiare il senso… E anche se è ben fatta alla lettera, ma il traduttore non ha saputo rendere quello che quella parola vuol dire o quella frase vuol dire, voi rimanete lì, non capite… Quindi, già una buona traduzione… La Bibbia di Gerusalemme e la Bibbia Tob, che ad esempio sono da consigliare, hanno adottato, come testo quello liturgico, quello che leggiamo in chiesa, per non fare la traduzione di una traduzione, per non tradurre dal francese, i quali avevano già tradotto dall’ebraico o dal greco, hanno preso la traduzione della Cei, quella che usiamo nella liturgia, e hanno messo quella per divulgarla… Ma è buona, ma non è una traduzione perfetta, nessuna traduzione è perfetta; dopo dieci anni, anche una buona traduzione è vecchia; in dieci anni cambiano i significati delle parole, cambia il linguaggio. E infatti, questa versione è in revisione: presto o tardi, arriverà da correggere tutti i nostri messali. La Cei avrà da guadagnarsi su, perché cambia tutti i messali… visto che l’anno santo non ha reso abbastanza…

È una battuta per dire che sempre le traduzioni… E poi una bibbia è buona se ha delle buone introduzioni, se ha delle buone note; e le ha buone se chi ha lavorato per preparare la Bibbia (si tratta di equipe, più nessuno da solo può fare un’impresa del genere) sono bravi, sono capaci, sono all’altezza della situazione e allora fanno delle buone introduzioni, fanno delle buone note: ecco che cosa si intende una Bibbia buona, quella di Gerusalemme potrebbe essere una buona scelta.

Poi, se prendete Isaia 5,1-5, vedete che a lato ci sono 7 o 8 rimandi piccolissimi (ci sono tre formati, una tascabile, una media e una formato messale): andate a cercare tutti quei rimandi e voi troverete già un sacco di testi che riprendono la stessa tematica della vigna, e potrete già fare un buon lavoro e una buna ricerca per conto vostro. Lì potete pregarci sopra, potete farci tutte le lectio che volete: anche se io ho detto quello che ho detto, anche se sbagliate qualcosa nella comprensione del testo, il Signore ce lo perdona volentieri tutto questo: l’importante è che ci sia buona volontà e si riesca a salire a Lui; o meglio, a lasciare che Lui entri in noi. Voler salire noi a Lui è il compito della religione: la religione, nella Bibbia, non è tanto ben vista; nella Bibbia non si parla mai di religione, passate piuttosto alla fede; la fede è, attraverso la parola biblica, aprirvi a un Dio che si dona, all’amore di Dio che ci salva; ci salva attraverso la sua Parola, la sua grazia, il suo amore… soprattutto il suo amore che ha un termine concreto, un raffronto concreto in Gesù Cristo.

Potete già fare un buon cammino, potete già fare… avventurarvi già un po’ con il vostro gusto su questo tema.

La prossima porteremo avanti più direttamente il tema e vedremo come coglierlo nella Bibbia, attraverso i grandi filoni della riflessione…

Commento alla lettura di Neemia 8.

La Chiesa non è il monumento in mattoni o in cemento armato, è la comunità dei credenti. Al Sinai, Mosè ha convocato la gente e là si usa un verbo che in ebraico è qahal, che viene tradotto nella Bibbia greca dei LXX (poi lo spiego) con il termine greco ekklesia, da cui chiesa, eglise dei francesi. L’ekklesia è la qahal ebraica, ossia l’adunanza, l’assemblea dei credenti: questa è la Chiesa; voi siete il tempio di Dio, voi siete le pietre vive… non quelle cose materiali; Gesù ha detto: è arrivata l’ora in cui, non qui su Garizim o a Gerusalemme, ma adorerete in spirito e verità. Allora la vera Chiesa… ora abbiamo queste chiese e non sappiamo più che cosa farne… e chi può mantenerle; l’anno santo adesso è finito, e non si sa come andranno le cose; e poi che tutti i soldi del popolo di Dio debbano andare per tenere su le nostre basiliche e le nostre chiese, questo è un po’ triste; ne abbiamo fatte troppe … dimenticando, forse, che la vera Chiesa siamo noi, è il popolo di Dio in carne ed ossa, sono i poveri, soprattutto. Veramente l’ekkelsia, la convocazione: hanno letto per tutta una mattinata, e tutta la gente stava lì a sentire, i giovani dai 12 anni in su. Da noi, vengono in chiesa… 10 minuti, se fate l’omelia un po’ più lunga guardano già l’orologio, pestano i piedi; orami non vengono neppure più, è tutto … Abbiamo fatto perdere l’entusiasmo, la causa forse è nostra.

Poi c’è una lettura programmata, a brani distinti, e con spiegazione del senso: ecco il secondo tempo, la spiegazione, l’esegesi, tirar fuori quello che si vuol dire attraverso quei testi.

Poi, terzo, comprendere: in ebraico c’è un bel verbo, comprendere con il cuore, perché vuol dire diventare partecipi, vuol dire amare quello che ci convince e metterlo in pratica. E poi avete le conseguenze: tutti si mettono a piangere, a piangere di gioia, ma anche piangere chiedendo perdono a Dio delle infedeltà per cui è successo l’esilio, la distruzione di Gerusalemme prima e, finalmente, la seconda conseguenza: fare festa. E invece i cristiani sono quasi sempre arrabbiati, anche quando si incontrano in chiesa sembrano sempre tanto arrabbiati. Fare festa: andate, mangiate carni grasse, bevete vini dolci, mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore…

Un bel testo, che può essere paradigmatico di qualsiasi nostra lectio umano-divina della Scrittura.

Come avevate l’abitudine, le altre volte, di fare un po’ di riflessione insieme?

La lectio la intendavate già così; io ho solo esplicitato qualche cosa perché alle volte… Insomma, avendo dedicato la vita allo studio della Scrittura, mi pare che, alle volte, troppa gente, con faciloneria, salti tutta quella che è la cosiddetta scienza biblica, per affidarsi a pie affermazioni, che possono eccitarvi e mandarvi in paradiso, anche, ma che non corrispondono al testo. Potete farne a meno, prescindere dal testo e intendervela direttamente con il Padre Eterno, se ci riuscite; ma se decidete, come fa la liturgia, come ci sembra di dover fare, di passare, di affidarvi alla mediazione biblica, io credo che sia gioco-forza intenderla come ho tentato di precisare questa sera.

Dare sempre per scontato che facciano tutto gli altri, quasi disimpegnandoci… Perché sì, non si potrà far tutto, ma mi pare che la gente sia abbastanza disimpegnata, disimpegnata anche nella cultura, non solo religiosa, ma anche laica. Vediamo bene che razza di cultura ci viene passata alla televisione, o su certe riviste, su certi giornali: questo è veramente… sarebbe roba da procuratori della Repubblica… Prendessero a cuore anche questi settori, non per togliere la libertà, ma per far capire dove c’è disonestà o meno; che tutto un paese che.. che tutto il mondo debba dipendere dai concorsi… dal lotto, dall’enalotto, dai casinò, da tutte quelle cose… che questa sera ci sarà qualche nuova notizia su quel settore del gioco… Quando dite ai vostri figli e nipoti che la ricchezza della vita si fa scommettendo, questa è roba da tribunale… questa non è certo cultura.

Ora io sono fuori dal mondo della scuola, ma sentiamo dire che tutti si lamentano; la scuola che sembra scaduta, per tanti motivi. Forse c’è bisogno di una ripresa: i credenti potrebbero far andare la ripresa nella direzione della cultura religiosa e biblica.

C’è il problema ecumenico: sarà risolto solo se i cattolici, gli evangelici, gli ortodossi cercheranno di capire meglio il mistero di Cristo, Parola di Dio; se di qua ci avviciniamo a Cristo, di là si avvicinano a Cristo e di là anche, probabilmente ci troveremo uniti in Lui, secondo la seconda lettura di ieri… Ma se ecumenismo volesse dire che tutti gli altri, invece (compreso io) che andare a Cristo: venite a me, a Roma, dal Santo Padre, dubito che le cose funzioneranno… Bisogna che il Santo Padre per primo, e tutti noi insieme, ci mettiamo a camminare nella direzione di Cristo, umilmente, forse, anche noi; perché altrimenti non aveva bisogno di chiedere perdono: se ha chiesto perdono è perché riconosce che ci siamo allontanati da Cristo. C’è ancora un piccolo disguido, che non mi va tanto: il papa chiede perdono delle colpe dei figli, dimenticando che forse anche i padri hanno le loro colpe; perché certe cose i figli non le avrebbero fatte, se i padri non gliele avessero proposte e lasciate fare. Quindi siamo tutti chiamati in causa. Del resto, il papa chiede perdono, come tutti noi, all’inizio di ogni celebrazione; credo che sia convinto che c’è bisogno che Dio perdoni qualcosa ai padri e non solo ai figli.

La Parola di Dio è per tutti, non è per qualcuno soltanto; cominciamo pure dall’ultima ruota del carro, e possiamo essere noi; ma poi ce n’è per tutti: la Parola di Dio è per tutti… Ecumenicamente è un argomento molto forte, prendere sul serio la Parola.

Ora facciamo dei bei gesti; si porta il messale alto, benedicono il Vangelo, la Bibbia… Va benissimo, questo può servire, sono cose esterne… ma guai se finissero di essere di nuovo un rito. Con tutti questi riti nuovi, con tutte queste benedizioni e belle cose, i cristiani rimanessero indifferenti, personalmente, alla Parola. Con tutte le occasioni che oggi ci sono, di corsi di teologia, di approfondimento. Ci sono dei libri splendidi, meravigliosi a tutti i livelli della cultura. Mi hanno detto che quando un autore, anche celebre, riesce a vendere 5mila libri in Italia è già contento; alle volte succede che anche libri ottimi vengono completamente mandati al macero… uno cerca il nome, la moda del nome…

Tutto questo vuole essere uno sprone ma anche un ringraziamento per voi, che sentite questo bisogno.

Fossano, 22 gennaio 2001

Testo non rivisto dal relatore

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