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Scritto il 11 Dicembre 2011

La chiesa fa politica…

La chiesa fa politica…

Una riflessione del Presidente Gino Grosso

Il giorno (oltre un anno fa) in cui i cardinali B. & B. hanno pranzato con il cavalier B. mi sono “incavolato” parecchio (penso di non essere stato il solo) perché non si trattava di una sessione di Slow Food. In tal caso avrei augurato loro, sinceramente, buon appetito, con cibo buono, giusto, pulito! Ma presto ho riso dei miei cavoli, perché questo agire presenta una continuità con azioni che la gerarchia ecclesiastica compie da 1700 anni, dall’era costantiniana, per usare il linguaggio di alcuni critici post conciliari.
E’ arduo e forse presuntuoso esprimere giudizi etici su fatti storicamente e culturalmente lontani da noi, si tratti di regno pontificio, crociate, inquisizione…. Per certi aspetti Paolo VI e Giovanni Paolo II ci hanno preceduti chiedendo perdono. Quanto accadeva in epoca “pre durkheimiana” (espressione usata da alcuni teologi) è difficile da valutare oggi, in epoca “post durkheimiana”. Allora si percepiva solo la società, il singolo era un frammento di essa, irrilevante. Oggi esistono gli individui (meglio: le persone) e la società è da noi intesa come un aggregato (sistema) di soggetti: questa è la base della democrazia.

Meglio dunque lasciare la storia, lontana. Restiamo in Italia, agli anni di Ruini, al modello Ruini, cardinale che fa politica come Richelieu! (alcune sue relazioni alla CEI erano più “politiche” di quelle coeve di Ciampi). Secondo un sociologo che ha collaborato con lui per anni, la scelta di Ruini di scendere pesantemente in politica, mentre si esauriva il collateralismo con la DC, è derivata dall’esito dei due referendum sul divorzio e sull’aborto che hanno visto una netta sconfitta della posizione cattolica. Ruini non ha voluto capire che “consentire” il divorzio e l’aborto regolamentato non ha significato per molti cittadini di un paese democratico e per i credenti tra di essi compresi, l’essere “favorevoli” all’uso di questi istituti, ma piuttosto essere “contrari a imporre” per legge civile comportamenti intimi “cattolici”. Ruini invece ha capito bene che la chiesa perdeva potere, dominio sulla società e si è mosso per ricuperarlo. A quale scopo? Con quale esito? Una divisione ulteriore tra i credenti, un appoggio oggettivo a certi “cristiani” che ci hanno governati, agli atei devoti, l’allontanamento di non pochi dalla chiesa. Questi danni vengono a stento contenuti dalle nostre chiese locali, molto prudenti su questi temi e molto attive nella carità (vedere il recente lavoro di Franco Garelli ”Religione all’italiana” ed. il Mulino, es. pagina 111)

Come si colloca nell’orizzonte evangelico la chiesa che fa politica? Rinunciamo a formulare posizioni drastiche, tentiamo di avanzare precisazioni, distinzioni sull’agire della gerarchia, a valere per oggi, non per ieri, ancor prima di chiedere altro perdono per l’inquisizione passata.
In primo luogo occorre riconoscere che sono le dimensioni della Chiesa Cattolica (oltre un miliardo di seguaci) a dare forte significato politico ad ogni suo agire, anche se non direttamente politico (INFLUENZA).
Non pochi cittadini, credenti e non, ascoltano con rispetto le sue esortazioni e proposte. L’autorevolezza è un libero riconoscimento da parte delle persone del valore attribuito a taluni insegnamenti (AUTORITA’)
C’è però un limite che non dovrebbe essere superato: il tentativo di evangelizzare mediante il potere, al limite di obbligare tutti i cittadini (cattolici e non) a comportarsi da cattolici su certi temi (DOMINIO).
Né si può imporre, in democrazia, la “retta ragione” controvertibile di principio e quanto a efficacia (obblighi e proibizioni sui temi intimi inducono rifiuto e trasgressione). Facciamo due esempi concreti ed attuali in Italia, pensando al metodo (e non ai contenuti):
– la “proibizione” posta al governo di discutere in parlamento di Dico o Pacs che dir si voglia;
– la “imposizione” nel fine vita di alimentazione e idratazione artificiale definite “naturali” (su questo tema i cattolici tedeschi, con altre chiese cristiane, hanno indicato soluzioni meno rigide).

Ove queste norme provenissero da parlamentari cattolici democraticamente eletti, che avanzano una proposta e questa trova un appoggio maggioritario in parlamento, non ci sarebbero molte obiezioni da avanzare. Trattare direttamente con il governo, che in regime di “porcellum” controlla i parlamentari come marionette, minacciando di sottrargli i voti di CL è in contrasto sostanziale con la democrazia, e a me pare anche con una prassi evangelicamente ispirata (il fine non giustifica i mezzi). Questa prassi è anche uno schiaffo ai laici, cattolici impegnati in politica e nel sociale.
Il cittadino occidentale nei paesi democratici oggi interpreta la pressione della gerarchia sulle leggi che impongono e vietano, specie sui comportamenti intimi come tentativo di imporre una morale religiosa con il potere, inteso non solo come influenza o autorità, ma come dominio. L’era “pre durkheimiana” è finita da tempo, e meno male. Se la gerarchia ne avesse preso atto fino a fondo, la pena di morte sarebbe ritenuta una scelta grave come l’aborto e l’eutanasia, non un pochino di meno.
Il pranzo neo ruiniano non era degno di Slow Food, troppa roba non sana, non giusta, non pulita!
Non a caso, forse, i due non l’hanno digerito bene, e ciò li ha portati, forse, a rifletterci sopra.

Gino Grosso


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