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Lectio 2009/2010

PREGARE IL MONDO ABITATO:
IL COSMO COME SACRAMENTO

“Poiché ancora una volta, o Signore, non più nelle foreste dell’Aisne ma nelle steppe dell’Asia, sono senza pane, senza vino, senza altare, mi eleverò al di sopra dei simboli sino alla pura maestà del reale; e Ti offrirò, io, Tuo sacerdote, sull’altare della terra totale, il lavoro e la pena del mondo.
Lì in fondo, il sole, appena incomincia ad illuminare l’estremo lembo del primo oriente. Ancora una volta, sotto l’onda delle sue fiamme, la superficie vivente della terra si desta, vibra e riprende il suo formidabile travaglio. Sulla mia patena, porrò, o Signore, la messe attesa da questa nuova fatica e, nel mio calice, verserò il succo di tutti i frutti che oggi saranno spremuti.
Il mio calice e la mia patena sono le profondità di un’anima ampiamente aperta alle forze che, tra un istante, da tutte le parti della terra, si eleveranno e convergeranno nello Spirito. Vengano pertanto a me il ricordo e la mistica presenza di coloro che la luce ridesta per una nuova giornata.
Ad uno ad uno, o Signore, li vedo e li amo tutti quelli che mi hai dato quale sostegno e gioia naturale della mia esistenza. Ad uno ad uno, conto anche i membri di quell’altra e tanto cara famiglia che, a poco a poco, a partire dagli elementi più disparati, è stata riunita attorno a me dalle affinità del cuore, della ricerca scientifica e del pensiero. Più confusamente, ma tutti senza eccezione, evoco coloro la cui folla anonima costituisce la massa innumerevole dei viventi: quegli ignoti che mi circondano e mi sostengono a mia insaputa, quelli che vengono e quelli che se ne vanno, e soprattutto quelli che, nella verità od in seno all’errore, hanno fede nel progresso delle cose e – nell’ufficio, nel laboratorio o nella fabbrica – oggi, con passione, inseguiranno la luce.
Moltitudine agitata, imprecisa o distinta, la cui immensità ci spaventa, oceano umano le cui lente e monotone oscillazioni incutono il dubbio persino nei cuori più credenti: voglio che, in questo momento, il mio essere risuoni al suo mormorio profondo. Tutto ciò che, durante la giornata, crescerà nel mondo, tutto ciò che in esso diminuirà – ed anche tutto ciò che vi morirà – ecco, o Signore, l’elemento che mi sforzo di raccogliere in me per presentarlo a Te. È questa la materia del mio sacrificio, quell’unico sacrificio di cui Tu abbia voglia.
Una volta, trascinavano nel tuo tempio le primizie del raccolto e il fiore del gregge. L’offerta che Tu attendi realmente, quella di cui Tu senti ogni giorno il misterioso bisogno per sfamarti e dissetarti, è nulla meno dell’accrescimento del mondo travolto dall’universale divenire.
Ricevi, o Signore, questa Ostia totale che la creazione, mossa dalla Tua attrazione, presenta a Te nell’alba nuova. Questo pane, il nostro sforzo, so bene che, di per sé, è solo una disgregazione immensa. Questo vino, la nostra sofferenza, non è purtroppo, sinora, che una bevanda dissolvente. Ma, in seno a questa massa informe, hai messo, ne sono sicuro perché lo sento, un’irresistibile e santificante aspirazione che, dall’empio al fedele, ci fa tutti esclamare: «O Signore, rendici uno!».
E, poiché, in mancanza dello zelo spirituale e della sublime purezza dei tuoi santi, Tu mi hai dato, o Signore, una simpatia irresistibile per tutto ciò che si agita nella materia oscura, poiché riconosco in me, senza rimedio, ben più di un figlio del Cielo, un figlio della terra, salirò stamane, in pensiero, sulle più alte vette, carico delle speranze e delle miserie di mia madre, e lassù, in forza di un sacerdozio che solo Tu, credo, mi hai conferito, su tutto ciò che, nella carne dell’uomo, si prepara a nascere od a perire sotto il sole che spunta, io invocherò il Fuoco”.
PIERRE TEILHARD DE CHARDIN, La messa sul mondo

Essere presenti al mondo, il proprio e quello di tutti; essere presenti non perché abbiamo tutte le risposte, ma perché sentiamo nella nostra carne tutte le domande; essere presenti perché sappiamo di esserci e di non essere soli, e che ogni questione o sarà risolta insieme oppure sarà una sconfitta, sia che si tratti di una questione pubblica come di una privata, grande o piccola che sia.

Siamo convinti che è questo lo stile che andiamo cercando, in mezzo alla vicende sempre più chiassose che ci circondano: ma siamo altrettanto convinti che questo stile non nasce innanzi tutto dal fare o dalla volontà, ma da uno sguardo libero che si muove da dentro e che riflette una misura che non è la nostra.

DataTitoloCommento a:
17 Ottobre 2009
Stella Morra
1. Mondo come sacramento, e cioè abbiamo risposte o domande?
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14 Novembre 2009
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20 Febbraio 2010
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13 Marzo 2010
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5. Il sacramento della passività, e cioè invecchiare aspettando
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17 Aprile 2010
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15 Maggio 2010
Stella Morra
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